Capita raramente di ascoltare in un programma della RAI come Terza Pagina di Radio tre una recensione di un libro che abbia come tema principale la pallacanestro.
Quindi con grande stupore ho ascoltato stamane, 15 settembre, il conduttore di turno iniziare a parlare dell’ultimo libro di Kareem Abdul-Jabbar: Coach Wooden and me, 50 anni di amicizia dentro e fuori dal campo (Add editore Torino, 2017. 255 pagine – 20.00 euro).
Un libro che merita a pieno titolo di stare all’interno di un programma culturale, dando per scontato che lo sport è cultura, questo agevole testo di 255 pagine viene farcito dal suo autore con molte citazioni di libri, opere teatrali e musicali. Soprattutto queste ultime fanno da colonna sonora del testo. Jabbar è un grande appassionato di musica Jazz, la sua imponente collezione di più di 4.000 dischi di musica Jazz bruciò insieme alla sua casa di Bel-Air la notte del 31 marzo 1983, mentre Jabbar giocava a Boston. I suoi innumerevoli fan, appresa la notizia, gli inviarono tanti di quei dischi che la sua collezione oggi e molto più ampia di quel tempo. Il Mago di Westwood (questo soprannome, che il Coach non amava, deriva dal fatto che la squadra di UCLA dal giugno 1965 gioca in questo sobborgo a nord ovest di Los Angeles, dove è sito anche il Campus dell’università) invece amava la musica delle grandi orchestre degli anni ’50.
“Ben fatto disse il coach. Questo mi diede un’idea. Si è mai reso conto che il modo in cui giocavamo noi era una forma di jazz? Mi guardò come se fossi impazzito. ‘E’ vero, coach. Ci ha insegnato a giocare un basket jazz. ’ Ci pensò su qualche secondo, poi sorrise, come se l’idea gli piacesse. ‘E cioè? ’Okay, professor Kareem, tocca a te. Dopo tutti questi anni, devi essere convincente. ‘Be’, entrambi richiedono una sorta di liberà strutturata’, spiegai. ‘Lei non ci ha insegnato a costruire giochi prestabiliti con diagrammi e frecce. Ci ha insegnato invece a reagire agli altri giocatori nel corso dell’azione. Qua e là giocavamo un assolo, esprimevamo la nostra individualità, ma il tutto nell’ambito del quadro che stavano facendo gli altri. Partivamo da soli o giocavamo di supporto a un altro giocatore, ma suonavamo sempre la stessa canzone, come un’orchestra jazz. Giocavamo nel contesto.’ ‘Giocare nel contesto’ ripeté. ‘Mi piace. Quando tempo è che prepari questa lezione Lewis?’ ‘Cinquant’anni’, risposi con un sorriso. ‘E’ un paragone interessante’, disse. ‘Di sicuro, per fare bene qualunque cosa, gli individui devono prima padroneggiare i fondamentali e poi imparare a reagire come gruppo, senza doverci pensare.”
Dopo tanti anni il Coach non riesce a chiamare Kareem con il suo nuovo nome (che significa Nobile servitore dell’Onnipotente), ma con il suo antico nome Lewis. Questo è anche un indicatore dei grandi sentimenti che hanno legato questi due grandi personaggi della pallacanestro internazionale.
Un legame che è passato dentro grandi tragedie e da queste è stato forgiato. Come la morte dei genitori di Kareem e della moglie di Wooden, Neil, dopo cinquantatré anni di matrimonio (il parquet del Pauley Pavillon dove gioca UCLA è dedicato a Neil e John Wooden). Il Coach che nel 2009 è stato inserito da Sporting News al primo posto tra i 50 allenatori migliori nella storia dello sport americano, per anni, il giorno dell’anniversario della morte della sua consorte, le scriveva una poesia e la metteva sul cuscino per una notte. Un uomo che in uno dei loro ultimi colloqui disse a Kareem che nella sua famosa Piramide del Successo avrebbe dovuto inserire una voce che mancava: Amore.
“Ho fatto un errore, nella Piramide del Successo”, continuò. “Ho lasciato fuori la parola amore. E amore è la parola più potente della nostra lingua e della nostra cultura.”
E tanto amore traspare dalle parole di Jabbar in questo libro. Un testo che ha avuto bisogno di ben cinquant’anni per essere scritto anche per il grande affetto che legava questi due uomini che tanto hanno contribuito allo sviluppo della pallacanestro.
Bibliografia Wooden
Coach Wooden ha lasciato innumerevoli libri dietro di sé, qui di seguito alcuni tra i principali per chi volesse approfondirne il suo pensiero tecnico e non solo:
Tecnici
Practical Modern Basketball, terza edizione del 1998, Benjamin-Cummings Pub.
(Di questo testo esiste la traduzione in italiano della seconda edizione curata da Roberto Martini per i titoli Zanichelli dal titolo Il Basket. Non di facile reperimento. Si trova qualcosa su Ebay ma a prezzi non bassi.)
John Wooden’s UCLA Offense, scritto con Swen Nater suo ex allievo e cambio di Jabbar. Edizione Human Kinetics 2006. Il testo è correlato da un utile DVD.
Learning the John Wooden/UCLA Offense, DVD di Swen Nater per i titoli Championship Production, 2017.
Motivazionali organizzativi
Wooden on Leadership: How to create a winning organization, scritto con Steve Jamison nel 2006 per i titoli della McGrraw-Hill Education.
They call me coach, scritto con Jack Tobin nel 2003 per i titoli della McGraw-Hill.
Coach Wooden’s Pyramid of Success – Playbook, scritto in collaborazione con Jay Carty ed edito nel 2005 dalla Fleming H. Recell Co.
Wooden: A lifetime of observations and Reflections on and off the court, scritto nel 1997 in collaborazione con Steve Jamison per i titoli della Contemporary Books.
Uno scritto interessante su Wooden è quello di Bruno Boero dal titolo Il successo secondo … Wooden (http://www.brunoboero.it/index.php/l-angolo-di-bruno/704-john-wooden-the-last-one)
Bibliografia Jabbar
Jabbar ha scritto libri su svariati temi. Di seguito una breve sintesi.
What color is may world? The lost history of african-american inventors, edito nel 2013 dalla Candlewick Ed.
Writings on the wall: searching for a new equality beyond black and white, edito nel 2016 dalla Time Ed.
On the shoulders of Giants: My Journey through the Harlem renaissance, edito nel 2010 dalla Simon & Schuster.
Brothers in arms; The epic story of 761st tank batallion, WWII’s forgotten heroes edito nel 2005 dalla Broadway Books.
Buone letture
Raffaele Imbrogno
“Il compito principale di un allenatore dovrebbe essere quello di plasmare non giocatori migliori, ma persone migliori.” John Wooden