Il 1965 si chiude senza novità di sorta, il tanto atteso passaporto italiano di Gennari tarda ad arrivare, nonostante dagli USA siano arrivate tutte le carte riguardanti Tony e suo padre Secondo. Ma proprio nei giorni in cui Gennari e compagni danno spettacolo e lustro al basket italiano, aggiudicandosi contro ogni pronostico la competizione mondiale, battendo prima i padroni di casa del Real Madrid e poi in finale il Corinthians Paulista di capitan Ubiratan, in Italia improvvisamente torna ad infiammarsi la polemica sugli oriundi. Cosa è accaduto ? Il Vuelle Pesaro per rafforzarsi ha ingaggiato due argentini di origine italiana, Dante Aurelio Masolini e Carlo Alberto Ferello e non contento sta rivolgendo lo sguardo sull’altra sponda dell’adriatico per trattare l’acquisto di Pino Giergia, straordinario play dello Zadar e della nazionale Jugoslava, nato a Zara nel 1937, quando in Dalmazia sventolava ancora il tricolore. Il 28 gennaio 1966, però, il Comitato Regionale Marche, cogliendo tutti di sorpresa, rifiuta il tesseramento dei due argentini e informa della cosa il Consiglio di Presidenza della FIP, che a sua volta ne conferma la decisione con un veto “temporaneo”, in attesa che il Consiglio Federale, chiamato a riunirsi d’urgenza, esponga le sue valutazioni sul caso e decida una volta per tutte. Pesaro reagisce mostrando i muscoli e minacciando il ritiro, qualora il Consiglio Federale confermi la decisione presa dal Consiglio di Presidenza. Anche Varese reagisce, facendo gioco soprattutto sul fresco titolo mondiale conquistato a Madrid e sul lustro da lei regalato al movimento del basket italiano. Il regolamento federale non prescrive la possibilità di tesserare giocatori con passaporto italiano, anche se provenienti da federazioni estere. E allora perché vietare a cittadini italiani di poter giocare in quello che è considerato a tutti gli effetti il loro paese ? Intanto da oltre oceano arrivano gli echi di indignazione della federazione argentina, che, rivolgendosi alla Fiba e alla Fip protesta vibratamente, temendo il saccheggio dei migliori talenti “pampas”. È benzina su un fuoco già crepitante. Il “giallo” è di difficile risoluzione e occorre decidere in fretta per far prevalere il buon senso ed evitare di esacerbare ulteriormente gli animi. Il Consiglio federale fissa la data di riunione al 5 di febbraio ma intanto l’incendio si propaga velocemente. Giulio Onesti ha amici importanti nelle redazioni dei principali giornali italiani e dallo scranno pretorio del CONI muove le sue direttive. Entra in campo l’artiglieria pesante dei giornali, con Gualtiero Zanetti, direttore della Gazzetta dello Sport, e Gino Palumbo, prima penna, del più influente giornale italiano, Corriere della Sera. Entrambi si schierano a strenua difesa della FIP e dell’italica integrità, “Siamo in Italia – gridano a gran voce – qui non passa lo straniero”. Un gran putiferio, insomma, risolto, si fa per dire, con un compromesso capace di scontentare tutti, o quasi. Il Consiglio Federale, infatti, conferma i tesseramenti in corso di Gennari, Masolini e Ferrello, stabilendo, però, che tali richieste non potranno più essere formulate e che a partire dal campionato 1966-67 le squadre potranno tesserare solo un giocatore proveniente da federazione straniera. Il risultato di questa decisione è paradossale, tutti sono insoddisfatti, chi non ha oriundi, sentendosi discriminato nel campionato in corso, ma anche chi li ha e che dalla stagione successiva si vedrà costretto a fare una scelta. È questo il caso di Varese, chiamata a decidere se tenere Kimball o Gennari o come Cantù tenuta a scartare due dei tre oriundi che ha sul libro paga.
Intanto il campionato italiano va avanti, caratterizzandosi ancora una volta nel confronto serrato tra Varese e Milano. I due confronti diretti se li aggiudica il Simmenthal del principe Rubini, che, sembra avere qualcosa in più dei rivali di Varese. I milanesi, però, dovendo lottare anche sul fronte della Coppa dei Campioni, che. prima fra tutte le italiane, si aggiudicherà battendo in finale lo Slavia Praga, saranno raggiunti in classifica dai varesini. Così, al temine del torneo le due squadre chiuderanno il torneo appaiate. Spareggio! Il Consiglio Federale stabilisce che si giocherà al PalaEur di Roma alle ore 18.00 di domenica 16 aprile. Per Varese è corsa spasmodica contro il tempo per riuscire a tesserare Gennari. La Commissione esecutiva gare si riunisce in seduta straordinaria alla vigilia della partita e dopo una notte di discussioni alle ore 10.00 del 16 aprile, cioè a sole otto ore dall’inizio della gara, trasmette con un tele-espresso il nulla-osta per il tesseramento di Antonio “Tony” Gennari. Era accaduto che solo nella giornata del 15 aprile era stato depositato, nel comune di San Giovanni in Marignano (Forlì), il certificato di cittadinanza italiana di Gennari, dopo che il Ministero degli Esteri (sez. affari privati) aveva comunicato l’atto di nascita dello stesso Tony, vistato dal vice-console di Trenton, luogo di nascita del giocatore. La lunghezza della pratica era stata dovuta essenzialmente a causa di un’errata ricerca dell’atto di nascita del padre di Gennari. Si era cercato nel comune sbagliato, Cattolica, che sino al 1896 era invece unito a San Giovanni in Marignano. Ma adesso era davvero stato sistemato tutto o almeno così sembrava. Tony Gennari alla notizia può dare finalmente sfogo alla gioia, Milano, invece, mostra il suo disappunto, senza però andare sopra le righe o alzare i toni. di sicuro pentendosi di aver accettato la data domenicale al posto di quella proposta inizialmente dalla Federazione per giovedì 13 aprile.
Ore 18.00 il primo arbitro Luglini, coadiuvato per l’occasione da Stefanutti, alza palla a due. Si gioca! La folla è immensa e in tribuna d’onore si segnala anche la presenza dell’avvocato Onesti. Il Simmenthal schiera Masini, Pieri, Thoren, Vianello e Riminucci mentre Varese mette sul parquet Kimball, Bufalini, Vittori, Maggetti e Cescutti. Non c’è Gennari, lasciato in panchina da Tracuzzi. Varese, consapevole di aver maturato un vantaggio fuori dal campo, vorrebbe vincere “lealmente”, senza dover avvalersi dell’opera di Tony. Il primo tempo si chiude con l’Ignis in vantaggio per 34-25, grazie soprattutto ad un ispiratissimo Toby Kimball. Tutt’altra storia ala ripresa del gioco, Vianello e Pieri salgono in cattedra e guidano la rimonta di Milano. Al 9’ il risultato è di 40-40 e Maggetti è fuori per aver commesso il suo quinto fallo. Varese è in palese difficoltà e Tracuzzi , rompendo gli indugi e sacrificando la sua buona coscienza al pragmatismo della “Realpolitik”, manda in campo Gennari. Mancano solo una manciata di minuti alla fine della partita, saranno gli unici minuti giocati da Tony in tutta la stagione ma riusciranno comunque a fare la differenza. La gara si fa sempre più rovente, escono per falli anche Vianello e Riminucci, Gennari prende le redini del gioco, si procede appaiati sino al 50 pari. A 5’ dalla sirena sono fuori dal gioco anche Bufalini e Thoren, solo a questo punto Milano si arrende e Varese dilaga. Gennari metterà a segno 10 punti, dando un contributo decisivo per far pendere l’esito della vittoria dalla parte dell’Ignis, sostenuta anche dal rendimento eccellente di Kimball e Bufalini. Finisce 74-59 con i tifosi varesini in campo a festeggiare il terzo scudetto della loro storia. Il Simmenthal mastica amaro ma al di fuori di un paio di dichiarazioni stizzite di Pieri e Masini, a proposito del tesseramento last minute di Gennari, non alza i toni della polemica, accettando il verdetto del campo. Ma non è finita qui!
Quasi un mese dopo lo spareggio, il 13 maggio filtra, forse non casualmente, dagli ambienti del CONI una notizia che ribalta la vittoria maturata sul campo. Il Comitato Gare della FIP in una riunione “ufficiosa” ha accertato che il tesseramento di Gennari è viziato da irregolarità. In sostanza, si lascia intendere, che attraverso un’indagine condotta da un avvocato, un certo Dario Angelini, si sarebbe giunti a conoscenza che il padre di Gennari avesse in passato optato per la cittadinanza americana, rinunciando a quella italiana, e che avesse anche prestato servizio nell’Esercito degli Stati Uniti. Per questi motivi, visto che, a ragione di quanto emerso, il Sindaco di San Giovanni in Marignano non avrebbe dovuto rilasciare il certificato di cittadinanza a Gennari, del tutto ufficiosamente, le stesse fonti anonime lasciano trapelare la notizia di un annullamento della vittoria di Varese e la decisione di assegnare lo scudetto a Milano. Stano ma vero, nessuno si chiede da chi e perché sia stata commissionata il lavoro di “intelligence” dell’avvocato Angelini e ancor più incredibilmente nessuno approfondisce più di tanto un aspetto poco chiaro che emerge nella ricostruzione dei fatti. Fino al 1991 negli Stati Uniti, infatti, una volta che si acquisiva la cittadinanza americana, senza alcun atto di rinuncia, automaticamente, decadeva la cittadinanza d’origine del richiedente. Cittadinanza che, in Italia, poteva essere riacquistata da chi la perdeva o dai suoi successori sulla base di una richiesta specifica che comportava alcuni obblighi, tra i quali assolvere l’obbligo del servizio militare. Le carte che da Trenton avevano accompagnato la procedura di acquisizione della cittadinanza italiana da parte di Tony Gennari, pertanto, in nessun modo, potevano contenere, come fu fatto passare, un atto di rinuncia al passaporto italiano dia parte di Secondo Gennari. Chi approntò la richiesta di cittadinanza di Tony, lavorò con poca accuratezza, omettendo di chiedere la riacquisizione della cittadinanza italiana da parte di Gennari, ma risulta difficile poter pensare che chi validò all’epoca la documentazione non si fosse accorto dell’incompletezza della stessa domanda. Più facile credere che qualcuno abbia favorito un tesseramento irregolare, riservandosi poi di denunciare strumentalmente l’irregolarità a tempo debito. Una sorta di ordigno ad orologeria, chiamato ad esplodere a tempo debito, un intrigo di palazzo, insomma, pagato a caro prezzo da Gennari e da Varese e tendenzialmente architettato per scoraggiare chi volesse intraprendere la stessa via ? Non ne avremo mai certezza ma come qualcuno ha detto “A pensare male si fa peccato ma spesso ci si azzecca”.
Tornando ai fatti, il 3 giugno 1966 si assiste all’atto finale della vicenda e con assoluta identità di contenuti con quanto ufficiosamente fatto filtrare dalle stanze del CONI, la FIP omologa la gara spareggio del 16 aprile con il risultato di 2-0 a favore del Simmenthal Milano. L’Ignis e Gennari non subiscono provvedimenti disciplinari in quanto sono ritenuti in buona fede, essendo il pasticcio generato da “una mancata comunicazione delle autorità consolari italiane negli Stati Uniti al Comune di San Giovanni in Marignano”. L’Ignis ricorrerà in appello ma vanamente, il Simmenthal, che mai aveva fatto pressione perché venisse riaperta la pratica Gennari, accoglierà con freddezza questo scudetto, il diciassettesimo della sua storia, avanzando con molto fair play anche l’ipotesi di rigiocare la partita. La vicenda da questo momento in poi cade nell’oblio. A riflettori spenti, Toni Gennari, due anni dopo, nel 1968, dopo aver svolto il servizio militare, aver indossato la maglia della nazionale dell’Esercito e conseguito finalmente la cittadinanza italiana, sarà finalmente equiparato dalla FIP a qualsiasi altro giocatore italiano. Un riconoscimento di status “ad personam”, che nell’immediato non aprirà le porte del nostro campionato ad altri nuovi arrivi di oriundi, almeno sino al 1990, quando il TAR definirà illegittime le restrizioni in materia sia della Fiba che della Fip.
E Tony Gennari ? Divenne “Tony lo zingaro”, così soprannominato, per via del suo lungo girovagare su e giù per l’Italia. Forlì, ancora Varese, Milano, Venezia e poi infine Rieti, ultima tappa della sua carriera, che chiuse per un problema al ginocchio destro. Era diventato, negli anni, un professionista esemplare, un perfezionista che amava la pallacanestro quanto sua moglie e i suoi quattro figli. Tony dava molto e molto pretendeva dalle società che lo ingaggiavano sia economicamente che per le attenzioni che riteneva a lui dovute e che lo facevano sentire importante, unico. Era un cecchino infallibile, capace di tiri impossibili che spesso partivano ben oltre la linea dei sei metri andandosi a depositare dolcemente a canestro. Un giocatore dotato di una straordinaria, naturalissima eleganza che svestiva solo quando cambiava i suoi abiti di gioco con orribili pantaloni a quadri e con ridicole camicie dagli enormi colletti a punta. In ogni piazza, dove giocava, era capace di lasciare ricordi indelebili. A quel che mi è stato detto, il legame con l’Italia è rimasto forte e non disdegna di tornarci, di tanto in tanto, per riabbracciare i vecchi amici e compagni di squadra. Racconta di sentirsi ancora profondamente italiano e di ricordare con nostalgia intatta il suo lungo soggiorno in Italia. Tony dice che, quando pensa al suo passato, non ha rimpianti, fatta eccezione per un solo cruccio, quello di non aver mai indossato la maglia azzurra. Il fatto è che anche dopo tanti anni non riesce ancora a capire perché un italiano nato a Trenton non sia stato considerato uguale ad un italiano di Milano o di Roma. Vorremmo rispondergli che non lo comprendiamo neanche noi ma che forse se oggi vestono l’azzurro ragazzi che si chiamano Abass, Biligha, Hackett, Filloy e Burns un po’ di merito è anche suo. In fondo il mondo è molto più piccolo e collegato di quanto si possa credere ed è incredibile rendersi conto di quanto incredibili e strambe siano le trame che uniscono i destini degli uomini. Sfogliavo un giornale, ieri o l’altro, e per pura casualità che cosa leggo ? Di un giocatore, Christian Burns, da tanti anni in Italia e chiamato a difendere da Ettore Messina agli Europei i colori della bandiera italiana. Uno, tra i dati anagrafici Burns, che vengono elencati, mi fa trasalire. Sapete dove è nato Burns ? A… Trenton, New Jersey. Ciao Tony, il cerchio si chiude, puoi toglierti quel cruccio dalla testa, oggi anche chi è nato a Trenton è italiano. Tu fosti il primo, Burns non sarà l’ultimo.
Massimo Renella (3-fine)