Da Bill Bradley alle squadre smartphone
tutto quello che nessuno ha osato dire
sugli ultimi 50 anni del basket italiano
Uno spaccato di storia d’Italia, un vademecum di sport ma anche di sociologia, di didattica e di costume: da una parte l’autore, Paolo Viberti, 35 anni a Tuttosport con un vissuto di nove Olimpiadi, 30 Giri d’Italia, 17 Tour de France, campionati mondiali ed Europei di basket, sci, fondo, slittino, baseball, oltre a un passato da atleta come cestista e poi driver di trotto e oggi capace con la sua bici da corsa di scalare da solo tutte le vette storiche di Giro e Tour…
Dall’altra lui, il Vate-filofoso, Valerio Bianchini, vincitore di tre scudetti del basket con tre squadre diverse, oltre a due Coppe Campioni, inventore di un metodo e con Dan Peterson innovatore della figura dell’allenatore di pallacanestro…
L’incontro tra questi due amici che sono anche due eccellenze dello sport italiano ha partorito un libro-verità unico, con i giudizi di Bianchini calati in una realtà storico-culturale proposta dall’autore, che saggiamente sceglie di restare tra le quinte per lasciare il proscenio al vulcanico coach.
Il libro parte dal passato per capire il presente e anticipare il futuro. E nella sua ultima parte, si dedica a plasmare figure fondamentali del basket internazionale che sono state le “compagne di viaggio” di Viberti nella sua crescita di giornalista e di uomo. Un libro passionale e intelligente, commovente e graffiante, ma anche molto attuale perché propone tra l’altro alcuni scoop di sicuro effetto emotivo.
Editore Bradipolibri – Prezzo 18 euro
Ecco, in esclusiva, alcune citazioni che ritroviamo nelle 340 pagine de “Bianchini, le mie bombe”.
Il basket applica la dialettica hegeliana: tesi, antitesi e sintesi.
Dan Peterson era una spia della Cia. Altrimenti, perché sarebbe andato via dal Cile poco prima del golpe?
Bogoncelli amava i giocatori belli e biondi come Riminucci e non voleva i neri.
Bradley e Thoren nel Simmenthal ’65 attuarono il primo pick and roll che oggi ammazza il gioco.
Morse nell’Ignis Varese era il grande finalizzatore di un’organizzazione perfetta.
Danilovic portò ai massimi livelli la rabbia competitiva degli slavi.
Una volta c’era la dialettica della discussione e del dialogo: poi arrivarono le cuffie e i cellulari.
Dino Meneghin è Giano Bifronte. Guerriero in campo, burlone fuori…
Oggi pick and roll e tiro da tre coprono la mediocrità di tanti allenatori.
Peterson insegnò a tutti noi che cosa fosse un coach professionista.
Porelli andò al Madison Square Garden e poi creò il Madison di Piazza Azzarita: che precursore!
Vinci fu un presidente federale appassionato, anche se magari venne eletto da chi era… già morto da qualche anno.
Il limite di Rubini? Se non guadagnava, non faceva.
Lo sport italiano è in crisi: si salva solo il nuoto, ma come si sa l’italiano galleggia sempre.
In Italia il calcio è l’antitesi di tutti gli altri sport!
Non sopporto la tendenza di far sedere il presidente in panchina.
Gli americani naturalizzati restano degli espatriati.
Rifiutai Sacchetti perché dissi che mi serviva un giocatore e non un gladiatore. E sbagliai.
Non ho mai smentito un’intervista perché la smentita, come noto, è la conferma di ciò che si vuole smentire.
Agli inizi degli Anni ’80 dissi a me stesso: devo sparare a Peterson, ovviamente a parole, e diventerò famoso come chi ha sparato a John Lennon.
La generazione azzurra che vinse l’oro di Nantes ’83 era maturata nelle contraddizioni degli Anni di Piombo.
Quando Peterson piazzò Vittorio Gallinari su Wright io urlai che quello era un delitto tecnico.
Presi Townsend a Roma per il Mundialito ’84 perché Mike Dunleavy ci disse di no.
Il tiro da tre ha snaturato la tecnica offensiva, portando la follia nel basket.
Con l’elezione di De Michelis a presidente della Lega il basket venne dato in pasto agli affaristi.
Ai Mondiali ’86 Antonello Riva fu castrato dal minuscolo Bogues, che difese avvinto ai suoi genitali.
Il vero fine non è la vittoria, bensì l’eccellenza, di cui la vittoria è figlia.
Il pregio del vecchio Ferruzzi era stato di convincere il grande playboy Raul Gardini a mettersi a lavorare a oltre 40 anni.
Presi Danny Ferry a Roma perché Gardini mi disse di ingaggiare un americano che facesse eco negli States: <Voglio che gli Usa parlino di me>.
Nell’ingaggio di Danny Ferry intervenne anche un certo Rudy. Seppi dopo che era Rudolph Giuliani.
Non ci siamo ancora ripresi dalle nefandezze della perdita del cartellino di proprietà.
La Sentenza Bosman fu una catastrofe. E invece il basket fece finta di niente.
Nella rissa tra Coldebella e McCloud ci fu una manipolazione esterna.
Stefano Rusconi era fisicamente da Nba, ma aveva scarsissima volontà e un’insopportabile presupponenza.
L’ultima squadra di basket italiana vecchia maniera è la Virtus Bologna del Grande Slam 2001.
Nel 1995 mi offrirono la panchina del Racing Parigi: rifiutai e commisi un gravissimo errore.
Dissi di sì alla Fortitudo, gettandomi nelle fauci di Seràgnoli, un bulimico mangiatore di allenatori.
Mentre io ero in America per cercare un nuovo straniero, la Fortitudo scelse Wilkins a mia insaputa perché uno dei figli del proprietario aveva visto la sua figurina sull’album della Nba.
Petrucci non ha mai lasciato la Fip per il Coni: ha solo messo lì i suoi uomini in attesa di ritornare.
Oggi si allena un nome, non una squadra, perché gli organici cambiano tutti i giorni come le mutande.
Nell’81 Boswell arrivò in gran segreto a Como e non a Cantù, la patria dei pretoni, ma fu circondato da tutti gli spacciatori di droga della zona.
I procuratori hanno sostituito i general manager, ma facendo gli interessi propri e non delle società.
Il nostro professionismo ha prodotto solo debiti, altro che profitti.
Il basket italiano non ha mai trasformato i successi della Nazionale in aspetti evolutivi.
Avanti di questo passo il basket italiano morirà perché non produce più giocatori.
Paratore era Gesù e Giancarlo Primo era un San Pietro che diventò Gesù quando Paratore lasciò il basket per giocare a tressette.
Bargnani da giovane era il Nowitzki italiano, poi nella Nba restò ingabbiato in un sistema dove ci si allena poco.
La Fortitudo fallì dopo essere finita nelle mani di persone senza scrupoli che schiaffeggiano la storia.
Recitiamo nel teatrino italiano, perdendo senso e caratura internazionali.
Non si può avere una Nazionale con un ct che allena una squadra Nba negli Usa.
I vice allenatori in Italia sono solitamente assistenti del presidente e non del proprio coach.
Petrucci è un politico validissimo, ma il sistema Fip è tarato. Se propone sempre le stesse persone è senza sviluppo.
Quasi tutti i giocatori si sentono più ingegneri che muratori.
La gioia per una vittoria non è così intensa come la disperazione per una sconfitta.
Il vero proprietario di una squadra è il suo popolo.
Sul finire della mia carriera, l’uomo è cresciuto mentre l’allenatore rimpiccioliva.
Toglierei il libero mercato e allontanerei la linea del tiro da tre.
Il miglior coach che ci sia in Europa è David Blatt. Non ha resistito molto nella Nba perché là comandano i giocatori.