La nuova stagione NBA ha portato con sé tanto entusiasmo, molto “hype”, ma altrettanti comprensibili malumori: nel giro di poche settimane Hayward, Teodosic, Lin e molti altri giocatori si sono “già” infortunati, anche gravemente. Nel contempo si è levata la polemica sulle corazzate imbattibili e sulle conseguenze che ne potrebbero derivare (molte franchigie possono aver pianificato il tanking) e ci sono già schiere di tifosi delusi dal prossimo futuro dei loro beniamini (Suns e Bulls, ad esempio?).
Gettiamo nella fossa della rete una provocazione: siamo sicuri che la cultura del potenziamento muscolare e delle prestazioni statistiche stia portando buoni frutti? Non è triste vedere giovani virgulti come Embiid e Simmons crollare miseramente sotto infortuni che probabilmente sono causati da stress eccessivi alle loro corporature? Non è demoralizzante annotare tristemente il trapasso di atleti che – non troppo casualmente – soffrono di patologie cardiache, una volta terminata la carriera nella Lega?
Altra questione: se si vuole davvero riempire gradualmente il gap fra le squadre più forti e quelle più scarse, bisogna operare un cambio più radicale di quello proposto per i prossimi Draft; Adam Silver deve trovare una strategia per rendere alcune piazze egualmente appetibili per campioni di alto livello, perché è difficile stimare quale sia il limite fra le norme (e seguenti dribblaggi delle medesime) e incapacità di GM e società di allestire un piano lungimirante.
Rajone
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