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La cessione in prestito a Cremona riporta Simone Fontecchio due anni indietro, a quando era il miglior giocatore di una Virtus Bologna destinata a retrocedere. Un campionato e spiccioli a Milano non hanno elevato la sua statura a quella di un giocatore di livello internazionale nonostante un potenziale tecnico e ancora di più fisico indiscutibile. Cremona e il gioco libero di troppe regole di Meo Sacchetti sono la situazione perfetta per restituirgli fiducia e minuti in campo. Difficile però che possa fare cose così eclatanti da riportarlo a Milano, in Eurolega, con un ruolo di spessore. Il caso Fontecchio dimostra che imporre il numero minimo di italiani è sbagliato. L’Olimpia non l’avrebbe mai imprigionato per mesi se i regolamenti non gliel’avessero imposto. Ma Fontecchio è uno dei pochi italiani di livello che possano sul serio definirsi ancora giovani. Ha 22 anni. Ad esempio l’evoluzione di Gigi Datome a suo tempo non fu più rapida. Alla sua età giocava poco e non bene a Roma. Il suo triennio di crescita è cominciato quando aveva 23 anni e l’ha portato in tre stagioni al titolo di MVP del campionato e alla NBA. Il paragone non è casuale perché il ruolo è lo stesso e la statura simile. Fontecchio non sarà mai il tiratore che è Datome ma è più esplosivo. Ancora più di Datome può giocare ambedue le posizioni di ala anche se per ora da 4 ha giocato molto poco. Nicolò Melli a 23 anni ha vinto lo scudetto in quintetto ma solo a 25, a Bamberg, ha espresso il suo vero potenziale. Insomma non mancano i motivi per avere fiducia nel futuro di Fontecchio. Questa cessione è un passo indietro ma può diventare la sua ripartenza.