I Golden State Warriors sono campioni NBA per la seconda volta in fila, la terza in quattro anni. Lasciando a secco i Cleveland Cavs nella più classica delle “sweep”, piantano la bandiera della “dinastia” sulla vetta dell’NBA e sono pronti ad affrontare chiunque voglia scalzarli. Con una prestazione da 20 punti, 12 rimbalzi e 10 assist Kevin Durant si è riportato a casa il trofeo di Miglior Giocatore delle Finali che già aveva strappato nel 2017, ma determinante è risultato anche l’apporto di Stephen Curry autore di 37 punti. LeBron James ha dovuto abbozzare per l’ennesima volta, portando il suo bilancio nelle serie per il titolo ad un poco scintillante 3 vinte e 6 perse. Ha le sue attenuanti: nella conferenza stampa dopo gara 4 ha dichiarato di aver giocato quasi tutta la serie con una frattura alla mano sinistra che si era…auto-inflitto in un gesto di frustrazione dopo l’incredibile blocco mentale di J.R. Smith. Per James era l’ottava apparizione consecutiva alle Finali, la prima a senso unico dal 2007, anno in cui i San Antonio Spurs lasciarono a zero i Cavs del giovane LeBron. Coach Steve Kerr nella conferenza stampa post-partita ha dichiarato che questo è stato il campionato più difficile, tra infortuni e difficoltà nel trovare i “bottoni giusti” da premere nei momenti in cui la motivazione sembrava scendere sotto il livello di guardia. Per lui e la sua squadra sarà una delle sfide della prossima stagione: rinnovare la “fame” di successo e continuare a dominare l’NBA. A Cleveland invece è già domani: LeBron James è “free agent” e tra le 29 franchigie si apre ufficialmente la caccia per assicurarsi il campione nonostante abbia sporcato la sua incredibile stagione con la macchia di quel pugno alla lavagna che, oltre a fratturargli la mano, ha definitivamente affossato le già limitate speranze dei Cavs.