Luciano De Crescenzo, raccontando nel solito stile brillante uno dei suoi aneddoti di gioventù, ricordava il padre, chino sulla cartina geografica a cercare un posto sicuro per la sua famiglia durante la seconda guerra mondiale; troppo pericolosa la sua Napoli, troppo esposta ai bombardamenti; dopo attenta ricerca ecco l’illuminazione: il “ventre della vacca” sarebbe stata una cittadina ad una sessantina di chilometri da Frosinone, lontana da obbiettivi “sensibili” e con una meravigliosa abbazia a vegliare sulla sua tranquillità…Cassino.
Ecco, in fatto di scelte non felicissime anche i genitori di Tomislav Nikolajevich Mescerjakov, 10 anni di onorata carriera NBA e abbastanza storie da raccontare per riempire due vite ordinarie, non scherzavano. Spaventati dalla rivoluzione russa, i due decisero di fuggire e di stabilirsi in Manciuria, dove il 26 ottobre del 1938 nacque il piccolo Tomislav. Purtroppo la storia stava preparando la prima trappola e, quando la regione venne invasa dalle truppe giapponesi, la famiglia (sovietica, ricordiamolo) venne inviata in un campo di internamento vicino a Tokyo. Passata la buriana arrivò il momento di trovare una nuova casa e la scelta cadde su San Francisco, proprio quando il maccartismo imperante e la guerra fredda avevano scatenato l’offensiva al “nemico comunista”. Fu così che, in una nazione dove lo slogan più in voga era “better dead than red”, per aiutarne un poco l’inserimento “in società”, i genitori cambiarono il nome del ragazzo, che diventò Thomas Nicholas Meschery…non un granchè, d’accordo, ma abbastanza per provare a nascondere l’ombra della falce e del martello.
Tom ci sapeva fare con la palla da basket e la vita gli aveva insegnato ad essere un duro: nei tre anni di college, a Saint Mary’s, si rivelò essere un’ala versatile, in grado di giocare da 3 o da 4, ottimo difensore, preciso passatore e tiratore più che valido grazie ad un buon tiro dalla media, tanto da essere inserito nel “first team All-American” ed essere nominato nel 1961 giocatore dell’anno della West Coast; non può pertanto stupire l’interesse suscitato al piano di sopra, tradotto presto nella pick numero 7 al draft 1961 che gli valse un contratto con i Philadelphia Warriors. L’approdo nella NBA fu sontuoso, con due mostri sacri come Paul Arizin e, soprattutto, Wilt Chamberlain, proprio nell’anno in cui “The Stilt” giocò ogni singolo minuto con una media di 50.4 punti a partita, segnando un record che oggi è virtualmente imbattibile. Meschery non sfigurò, anzi, giostrò da titolare in una squadra che, non fosse stato per gli imbattibili Boston Celtics dell’epoca, probabilmente avrebbe vinto il titolo. Fu proprio lui a trascinare i suoi ad un passo dall’impresa con 32 punti in una tiratissima gara 7 in finale di Conference persa sul filo di lana (109-107).
L’anno successivo i Warriors si trasferirono a San Francisco e Tom tenne fede alla sua fama da duro terminando la stagione in testa alla classifica dei falli ma senza mai far mancare l’apporto tecnico, oltre a quello “adrenalinico”, tanto da guadagnarsi, primo straniero nella storia, il diritto a giocare l’All Star Game. Dopo sei anni con il corollario di due finali NBA perse, Meschery venne scelto dai neonati Seattle Supersonics in un “expansion draft” e terminò la carriera nel 1971 senza squilli. Anzi no, uno squillo ci fu, proprio durante una gara con i “suoi” Warriors ed è un aneddoto davvero gustoso: capitò infatti che, in una fase “calda” dell’incontro, un gomito galeotto lo colpì: senza pensare si voltò infuriato ed inizò a menare fendenti con entrambe le mani…purtroppo (o per fortuna) di fronte trovò proprio Wilt Chamberlain che, senza scomporsi, appoggiò sorridendo sulla fronte dell’avversario un braccio chilometrico per tenerlo a distanza, con i pugni che mulinavano ad un palmo abbondante dal volto.
Se stessimo parlando di un uomo normale probabilmente la storia sarebbe finita qui, con 778 presenze e quasi 10,000 punti in NBA e invece Tom, dopo un abortito tentativo di iniziare una carriera da allenatore prese a seguire la sua seconda grande passione, la scrittura, pubblicando la sua prima raccolta nel 1970 fino a diventare un apprezzato poeta inserito nella Nevada Writers Hall of Fame nel 2002. Da molti anni sta lottando contro un mieloma, un’aggressiva forma di cancro, incurabile: i medici gli avevano dato 10 anni di vita. Era il 2006. Ne sono passati 12 e, ad 80 anni, sta ancora lottando.
E’ stato anche, per lungo tempo, insegnante alla Reno High School, dove ha allenato le giovani menti dei suoi alunni fino al 2005, anno della meritata pensione e se avete un minuto da perdere date un’occhiata al sito “ratemyteachers” (si, in America fanno anche queste cose) ed ai commenti lasciati dai suoi ragazzi…il tenore è questo:
“I have never learned so much in my life, not only does Meschery get you ready for college, but for life as well. Thank you for EVERYTHING!” (Non ho mai imparato così tanto, Meschery non solo ti prepara per l’università, ma ti insegna cos’è la vita. Grazie di TUTTO”!)
Normale, se tu stesso hai vissuto una vita straordinaria.