La prima volta che vidi giocare Emanuel Ginóbili fu nel 1999 in una partita a Roseto. Manu non giocò in modo spettacolare, ma attirò comunque la mia attenzione: giocava “intelligente” ed anche in una giornata in cui il tiro non sembrava trovare il canestro, seppe rendersi utile in mille modi diversi. Da allora in poi lo seguii con curiosità ed attenzione fino al 2001, quando mi conquistò definitivamente. Ho ancora i VHS della sfida di finale Eurolega col TAU Cerámica di Vitoria, lo giuro…devo solo capire in quale armadio…ma i ricordi sono ancora freschi: la squadra basca con Fabricio Oberto e Luis Scola…due atleti argentini che con Manu vinceranno molto, in futuro. Nel 2001, però, a vincere è solo Manu, che si porta a casa pure il titolo di MVP dell’Eurolega. Gli Spurs lo scelgono quasi per sbaglio: secondo giro, Gregg Popovich non è così convinto ma R.C. Buford fa il diavolo a quattro finchè non convince “Pop” che quell’argentino è un fenomeno, anche se “è un puledro che fa cose pazze, alcune hanno un senso ed altre no”.
Ginóbili però “gioca intelligente” e se sei Gregg Popovich non puoi non amarlo. Certo, delle doti atletiche assurde per chiunque non sia benedetto da cromosomi africani nel DNA aiutano, ma è il “processore” a renderlo un atleta unico: è in grado di fare cose clamorose a velocità clamorosa. Altro ricordo: playoffs contro i Lakers di Kobe e Shaq… Manu salta l’uomo e sotto misura si becca lo stoppone dal “Grande Aristotele”…ci riprova e prende un fallo. Altre due stoppate, gli Spurs vanno sotto e la barba del “Pop” sembra incanutirsi…ma due azioni dopo si guadagna un altro fallo da O’Neal che deve uscire: è la svolta della partita, con Tim Duncan a dominare sotto canestro.
Quattro titoli NBA, un oro olimpico, un’Eurolega, due convocazioni all’All Star Game NBA (forse poche?)…e tante altre medaglie meno pregiate, trofei di MVP e statuette varie…ma tutto questo metallo non definisce che in parte l’atleta, la formidabile fusione tra fisico e spirito, tra muscoli e cervello, tra mente e cuore.
Dopo i primi allenamenti agli Spurs Popovich non sapeva che pesci pigliare, e confessò all’assistente Mike Budenholzer – oggi capo allenatore a Milwaukee – “non credo di poterlo allenare“.
Però nei giorni seguenti “Pop” si rese conto che Manu non era egoista, che la sua enorme energia era tutta a disposizione della squadra e dei compagni, che il suo spirito competitivo a volte poteva essere difficile da governare, ma rappresentava il “quid” che avrebbe potuto portare gli Spurs sul tetto del mondo.
Pensate se fosse finito in qualche altra squadra, con un coach che non capiva la sua grandezza…Popovich è stato la sua fortuna, ma non c’è nulla che il sottoscritto – come Ettore Messina, come diverse migliaia di tifosi italiani – non avessero già visto in quel “puledro che fa cose pazze, alcune hanno un senso ed altre no”…
Manu si ritira, la sua nazione è triste: solo Diego Armando Maradona, prima del 2004, era riuscito a fermare quel popolo. Ginóbili lo fece nella formidabile Olimpiade di Atene, fatto ancor più incredibile in un paese a “trazione calcistica” come l’Argentina. “Manudona”, lo chiamarono da allora…sempre meglio di quel “narigón”, il “nasone” che ovviamente non gli era mai piaciuto.
Ci lascia il ricordo di un atleta unico, di un mix tra il fiero spirito latino ed il pragmatismo calvinista americano. E’ stato quello che gli statunitensi volevano ma senza abbandonare la sua natura, una specie di Carlos Santana dei canestri. Solo che al posto della Gibson in legno d’acero Manu ha “suonato” una Spalding in cuoio…e come il “mariachi” messicano ha estratto note uniche dal suo “strumento”.
Grazie, Emanuel David Ginóbili Maccari. Senza di te l’NBA sarà un più prevedibile e meno divertente.