Proseguiamo il viaggio nella Luxury Tax analizzando le conseguenze non solo monetarie di chi decide di pagarla.
Si diceva nella scorsa puntata (clicca qui) che per la stagione 2018/19, la soglia della Luxury Tax è di 123.733.000 $ mentre la seconda soglia, definita “APRON” è fissata a 129.817.000 $.
Dal punto di vista dello status dei pagatori in Luxury possiamo individuare 3 situazioni diverse :
- essere in Luxury Zone ma entro l’APRON
- essere in Luxury Zone superando l’APRON
- Essere Repeat Offender, cioè aver superato la soglia della Luxury Tax in 3 degli ultimi 4 anni
Il general manager della squadra che rientra nel primo caso, oltre alla tassa calcolata come sopra, può sfruttare solo una MLE, la Mid Level Exception, ridotta e non può scambiare giocatori se non rispettando i parametri di una differenza del 25% tra salario in entrata e in uscita. Di fatto le limitazioni sono minime e trovarsi nella Luxury Zone si traduce solamente in un maggior esborso finanziario.
Chi ricade nella seconda situazione, invece, oltre a dover pagare una tassa che cresce con effetto progressivo, subisce anche vincolanti limitazioni sul mercato:
- non può usare la BAE, la BiAnnual Exception
- subisce limitazioni ulteriori per la MLE sia nell’importo che nella durata dei contratti
- non può presi utilizzare il Sign & Trade (lo scambio di mercato dopo la firma di giocatori in scadenza di contratto da parte della squadra che ne deteneva i diritti)
- non esistono le protezioni della “Gilbert Arenas Provision” e quindi vi sono limitazioni al rinnovo dei Restricted Free Agent
- non partecipa alla ridistribuzione dei ricavi
Infine chi si trova nel terzo caso ed è Repeat Offender, paga una tassa progressiva di un dollaro ogni dollaro oltre la soglia. Quindi se il monte salari dovesse superare la soglia di 12 milioni, non pagherebbe solo 21.25 milioni ma 12 milioni in più e cioè 33.25 milioni; chiaro che è una norma assai gravosa per chi rimane oltre la soglia, ma la natura di questa punizione è solamente finanziaria.
E’ evidente: il sistema del Soft-CAP con la Luxury Tax cerca di punire chi spende di più con strumenti prettamente finanziari a meno che non si superi l’APRON, nel qual caso i general manager poco “virtuosi”si trovano con le mani legate anche sul mercato dei giocatori e non possono operare con la Sign & Trade.
Per comprendere quanto il sistema possa essere efficace è importante analizzare l’impatto che questa tassa ha sulle casse delle società, e quindi se la tassa possa essere un investimento accettabile o se rischi di minare i conti.
Nella scorsa stagione solo quattro franchigie hanno dovuto corrispondere la Luxury Tax :
i Cavaliers hanno sborsato la cifra record di 50.7 milioni
i Warriors 32.3 milioni,
i Thunder 25.4 milioni,
i Wizards 7 milioni.
I Thunder, come si è visto, hanno subìto la sanzione senza nemmeno superare il primo turno di playoffs e gli stessi Cavaliers per colpa della LuxuryTax sono risultati l’unica franchigia con un margine operativo negativo di circa 6 milioni che ha portato ad una perdita d’esercizio di circa 15 milioni ciò nonostante i ricavi ammontassero a 280 milioni.
D’altro canto i Warriors, con 360 milioni di ricavi, hanno potuto assorbire la Luxury Tax vincendo l’Anello con un risultato operativo positivo per circa 120 milioni: nel loro caso i 30 milioni di tassa hanno prodotto un ottimo ritorno, generando un incremento dei ricavi, un titolo NBA ed una forte valorizzazione del brand.
L’efficacia della Luxury Tax come strumento per “calmierare” il monte salari, alla luce di quanto sopra sembra discutibile. Se è vero che funziona con le franchigie operanti in mercati minori, non è invece un deterrente per chi lavora in grossi bacini d’utenza con un progetto vincente e con ricavi doppi rispetto alle piccole piazze.
Nella terza puntata cercheremo risposte su quanto possiamo aspettarci nella stagione che sta per iniziare.