Nella NBA sono diventate oramai classiche, e fanno parte del meccanismo del salary cap, le trade tra squadre sopra il cap e squadre che hanno invece spazio salariale per assorbire contratti pesanti. Non fa eccezione quella della scorsa settimana tra gli Houston Rockets e i Phoenix Suns, con i primi che hanno spedito Ryan Anderson e De’Anthony Melton in Arizona, con Marquese Chriss e Brandon Knight che hanno fatto il percorso inverso.
La trade comunque presenta aspetti particolari: Houston stava cercando di scambiare Anderson da oltre un anno che, dopo aver firmato un contratto da 80 milioni di dollari in 4 anni nel 2016, aveva ampiamente deluso le attese, non ripetendo le annate positive di New Orleans e finendo ben presto fuori dalle rotazioni di Mike D’Antoni. Per poter far “tornare” i salari, Anderson ha accettato un taglio del garantito per la stagione 2019-2020, da 21 milioni a 15,6, per far combaciare il contratto suo con quello di Knight. Phoenix è convinta di riavere l’Anderson di New Orleans, ottimo tiratore e 4 ideale nella NBA attuale, utile veterano con Trevor Ariza per far crescere i tanti giovani della squadra.
Se sano Knight potrà essere utile per Houston come cambio di lusso di Harden e Paul, anche se l’anno di inattività per la rottura del crociato non potrà non avere strascichi.
Misterioso il fatto che Phoenix abbia dovuto includere nella trade Chriss, scelto con la 8 solo 2 anni fa (e costato ben 3 prime scelte a Phoenix….), 21 anni, un potenziale atletico notevole anche per gli standard NBA ma la compresione del gioco ancora lontana da livelli accettabili, con cifre al secondo anno in calo. Probabile che il giocatore possa maturare in una squadra esperta e ricca di campioni. Cederlo rappresenta un grave errore per Phoenix che perde un asset importante spendibile anche in futuro e rende la trade per Houston ancora più vantaggiosa: normalmente è chi scarica contratti importanti che deve spendere pezzi per convincere l’altro. Qui è successo il contrario.