Il 12 settembre scorso le Seattle Storm hanno sconfitto le Washington Mystics e si sono laureate campioni WNBA 2018. Il destino è beffardo, il titolo di Sue Bird e compagne arriva proprio a dieci anni di distanza da uno degli eventi più traumatici dal punto di vista sportivo per la meravigliosa città del Nord-Ovest.
Nel 2008, infatti, il proprietario Clay Bennett decise di portare i Sonics a Oklahoma City, una mossa che di colpo interruppe il legame tra la squadra e la città e che nasconde una zona grigia di manipolazioni e accordi segreti (svelati nel documentario “Sonicsgate: Requiem for a Team”).
Un legame fortissimo, un rapporto viscerale tra la squadra e la comunità che affonda le sue radici in una storia di successi e grandi personaggi passati nel Nord-Ovest.
Bill Russell, Lenny Wilkins, Spencer Haywood, Fred Brown, Gus Williams, Dennis Johnson Slick Watts, Jack Sikma, Dale Ellis, Tom Chambers, Xavier McDaniels, Gary Payton, Shawn Kemp, Detlef Schrempf, Ray Allen, Rashard Lewis e Kevin Durant sono nomi che hanno avuto una parte importante nella storia del basket a Seattle.
Se il titolo NBA del 1979 è stato sicuramente il punto più alto della franchigia, non c’è alcun dubbio che il periodo d’oro in termini di visibilità e appeal sono stati i primi anni 90, quando agli ordini di George Karl brillavano le stelle Gary Payton e Shawn Kemp. Quella squadra riuscì in 6 anni a vincere la bellezza di 59 partite di media, 4 titoli divisionali, e raggiungere la finale NBA nel 1996, persa poi contro i fortissimi Chicago Bulls.
Purtroppo mancò l’acuto finale, quel titolo NBA che i Sonics potevano davvero raggiungere grazie al talento, la profondità del roster, l’esuberanza offensiva e l’intensità difensiva. Purtroppo quel gruppo si dissolse in seguito alle “bizze” di Kemp, infastidito dai ricchi contratti concessi ai compagni, pretese di essere ceduto a Cleveland. Piano piano, i protagonisti di quelle stagioni irripetibili lasciarono la “Emerald City”: Hersey Hawkins, Sam Perkins, Detlef Schrempf , Nate McMillian, perfino Payton, tutti salutarono il caloroso pubblico di Seattle.
Da quel momento i Sonics iniziarono una discesa costante verso i bassifondi della NBA. Ma la NBA è strutturata in modo che ogni caduta possa essere seguita da una rinascita attraverso il draft, e Seattle, nel 2007, colse l’occasione al volo: con la seconda scelta assoluta si assicurarono Kevin Durant, “passato” dai Blazers che con la prima assoluta selezionarono di Greg Oden.
I tifosi della Key Arena ebbero il tempo d’innamorarsi di quel giovane allampanato, con i piedi lunghi e, soprattutto, con un irripetibile talento. Solo un anno delle sue magie, poi l’irreparabile: il trasferimento in Oklahoma, il cambio di nome e addio basket NBA.
Chissà, se la franchigia fosse restata a Seattle – non un mercato ricchissimo, ma certamente più di quanto lo sia Oklahoma City – Sam Presti forse non avrebbe dovuto smontare il trio Durant- Westbrook –Harden adesso non staremmo parlando della dinastia dei Warriors, bensì di quella dei Sonics.
Per adesso i tentativi di riconquistare una franchigia NBA sono falliti (l’ultimo nel 2013 con la proposta di trasferire i Kings), ma come ha dimostrato l’entusiasmo per le Storms, la città di Seattle e la sua appassionata comunità – di cui i tantissimi giocatori professionisti ( Isaiah Thomas, Jamal Crawford, Avery Bradley, Dejounte Murray, Aaron Brooks, Nate Robinson i più famosi) sono solo la punta dell’iceberg – meriterebbero nuovamente l’opportunità di una squadra NBA.