Il commovente messaggio di Valerio Bianchini su Facebook in memoria di Bob Lienhard, ex giocatore di Cantù, Treviglio e Monza deceduto ieri mattina all’età di 70 anni.
“Benché sapessi da tempo che stava male, ugualmente sono rimasto annichilito alla notizia della morte di Bob Lienhard. Credo che pochi giocatori americani nella storia del nostro basket abbiano unito in sé tante qualità tecniche e umane. Ero assistente di Taurisano a Cantù quando Bob arrivò in Italia. Era stato selezionato da Rubini che non lo firmò dopo un provino al Palalido contro Cantù che ho tante volte raccontato agli amici e subito Arnaldo non se lo fece scappare. Lo ingaggiò come centro di quella straordinaria squadra di ragazzi costruiti in casa, che avrebbe qualche anno dopo vinto il secondo scudetto di Cantù.. La sua gentilezza, il suo rispetto per me che ero solo un assistente, il suo antidivismo, la sua disponibilità ad ascoltare quel grande Maestro, ad intendersi, lui puro giocatore di college, con compagni di alto livello europeo come Marzorati e Recalcati, Della Fiori, Farina, ad offrirsi come un figlio alla leggendaria “squadra-famiglia” di Aldo Allievi, ne fecero una colonna portante di una saga tra le più nobili del basket italiano.Bob era un centro superclassico. Spalle a canestro usava magistralmente i perni, le finte, le partenze incrociate, il tiro a uncino ampio, ambidestro, sapiente nell’uso del tabellone. E del post basso aveva anche le qualità di secondo regista quando, alle spalle della difesa, sapeva cogliere i tagli degli esterni o servire il compagno più libero sul lato debole. Magistrale, perché insegnata da un grande Maestro, la sua abilità di dialogare con Della Fiori nel gioco ‘ “alto-basso” e così pure di presidiare la difesa contro le scorribande degli esterni avversari.
Ma era fuori dal campo che sapeva farsi amare tanto dai critici come dai semplici tifosi di Cantù. Semmai c’è stato un esempio di integrazione Bob è stato un esempio da encomio europeo. Sposatosi con Angela, che tanto fu importante nella sua crescita di uomo e giocatore,terminata la carriera si mise a fare il falegname parlando con buffo accento brianzolo.
Tutto è stato straordinario in questa vicenda: L’incredibile nidiata di campioni uscita dagli oratori della Brianza, un coach che insegnava a giocatori della Nazionale le stesse cose che aveva insegnato ai ragazzini del Cap di Milano, una città il cui basket dilagò in Europa come la sua arte del mobile dilagò nel mondo. E un ragazzo americano che per quella città si fece falegname”.