Tristan Thompson ci è o ci fa? L’interrogativo non può che essere questo, dopo le dichiarazioni rilasciate nel corso del media day dal centro dei Cleveland Cavaliers, secondo il quale proprio i Cavs sarebbero ancora la squadra da battere ai vertici della Eastern Conference.
“Siamo ancora i quattro volte campioni in carica della Eastern Conference, quindi prima di averci spodestati le altre squadre hanno ben poco da dire. Boston, Philadelphia hanno poco da dire. Boston aveva il vantaggio del campo in gara 7 (delle scorse finali di conference, ndr) e ha perso; Philly, voi siete quasi stati sweepati. Toronto, sappiamo già la storia. Quindi prima di averci spodestati, c’è ben poco da parlare.”
Che l’umore nell’Ohio non sia dei migliori, e qualche dichiarazione di sano ottimismo sia necessaria per rinvigorire il pubblico, è plausibile, ma T.T. questa volta l’ha sparata davvero grossa. Perché le sue considerazioni, che prese isolatamente risponderebbero anche ad una certa logica, non tengono conto di quel dettaglio consistente nell’addio di LeBron James, che – forse a Thompson è sfuggito – ha firmato in estate un quadriennale con i Los Angeles Lakers, dando il benservito alla squadra della sua città natale dopo averla letteralmente trascinata per quattro anni consecutivi a giocarsi le finali NBA, regalando al proprio pubblico il primo titolo della storia dei Cavs. Quel che resta del dopo LeBron non è solamente un collettivo composto da rimanenze (alcune attempate) di una squadra costruita per provare a vincere nell’immediato, ma anche un insieme di giocatori che sono stati abituati a fare da appoggio alla loro stella, e ora devono reinventarsi ognuno in un ruolo diverso. Il primo ad apparire inadeguato è Kevin Love, che nei nuovi Cavs dovrebbe – anche in forza dell’onerosa estensione quadriennale da 120 milioni firmata in estate – vestire i panni del leader, ruolo che ricopriva anni fa ai Timberwolves ma che, dal suo arrivo in Ohio, non gli è mai stato affidato, anche in virtù dei cambiamenti al suo gioco offensivo che l’hanno portato ad essere una sorta di ‘sponda di lusso’ per gli scarichi di LBJ.
Insomma, anche volendo dipingere la situazione di Cleveland con il maggior ottimismo possibile, immaginando un impatto immediato da parte del rookie Collin Sexton e una responsabilizzazione di giocatori prima relegati a ruoli secondari, tra cui gli ultimi arrivati Clarkson, Nance e Hood, la previsione un po’ sbruffona di Tristan Thompson risulta decisamente sproporzionata. Boston, Philadelphia e Toronto sono inarrivabili per ragioni differenti, ma anche altre franchigie come Milwaukee o Indiana sembrano davanti ai Cavs nella corsa al quarto posto dell’est.
E se ai tifosi di Cleveland le parole di T.T. avranno sortito l’effetto di un’iniezione di fiducia, all’esterno appaiono un segnale poco positivo, tipico di una situazione in cui c’è poca sostanza e in cui serve buttare fumo negli occhi, in mancanza d’altro.
Chissà cosa ne pensa il Re, dalle spiagge di Malibu.