Anche quest’anno a Sacramento la parola “playoffs” non è d’attualità, come negli ultimi dodici anni i Kings saranno fuori dai giochi e stazioneranno nei bassifondi della Pacific Division. Questo non significa che i calorosissimi tifosi della capitale californiana faranno mancare il loro supporto ai loro beniamini. La loro attenzione sarà principalmente dedicata alla scoperta dei tanti giovani presenti nel roster assemblato dal discusso Vlade Divac: ci sono da ammirare le scorribande di De’Aaron Fox, le parabole di Buddy Hield, i voli a canestro della “cavalletta” Marvin Bagley III, ma colui che attirerà maggiormente la curiosità degli appassionati sarà Harry Giles.
Sebbene sia stato scelto nel Draft del 2017 (con la ventesima scelta), Harry è un rookie a tutti gli effetti. Divac, lo staff tecnico e quello medico hanno deciso di dedicare esclusivamente la passata stagione ad un intenso programma di allenamento, destinato al rafforzamento di quegli arti inferiori costretti all’inattività per troppo tempo. Una scelta coraggiosa, ma intelligente e necessaria per permettere a Giles d’affrontare, senza il rischio di ricadute, la durezza di una stagione NBA.
Un talento eccezionale, Giles si è meritato per anni la testa della classifica dei migliori liceali d’America – in una nidiata che vedeva anche Jayson Tatum e Josh Jackson – e stimolato paragoni con un certo Chris Webber per la combinazione di atletismo, tecnica e grazia. Ma la sfortuna si è accanita in modo quasi ingiusto sul giovane Harry, costringendolo a tre complicate operazioni alle ginocchia, e obbligandolo a saltare interamente gli anni 2014 e 2016. Anche l’unica stagione a Duke è stata contraddistinta da alti e bassi, con Coach K attentissimo a ottimizzare al massimo il suo contributo (3 punti e 3 rimbalzi in circa 11 minuti di media) senza però eccedere mai nel minutaggio e preservare così le preziose articolazioni.
Ma questo è il passato, adesso Harry è pronto a scendere in campo. Già nella Summer League si era presentato in grande forma – rubando, tra l’alto la scena, a DeAndre Ayton e al compagno Marvin Bagley nella sfida tra Kings e Suns – , ma nelle prime partite di pre-season è andato oltre; in un contesto più probante, Giles è sceso in campo con continuità (quasi 23 minuti a partita), segnando oltre 15 punti e catturando 6 rimbalzi di media.
Certo, si nota ancora la ruggine accumulata, ma il linguaggio del corpo, la sicurezza con la quale tenta alcune soluzioni, il riaffiorare di quella fluidità e di quella reattività che lo avevano reso uno dei prospetti più in vista del panorama scolastico USA, sono benauguranti per la stagione alle porte. Finalmente sembra che tutte le tessere stiano tornando al loro posto, ricomponendo quel mosaico di rara bellezza ammirato nei suoi primi anni di carriera.
La rotazione dei lunghi di Sacramento prevede tanta concorrenza (Willie Cauley-Stein, Zach Randolph, Skal Labissiere, Kosta Koufos e Bagley), ma crediamo che Dave Joerger riuscirà a trovare i minuti da destinare a Giles e alla sua voglia di emergere. Lo sperano tutti gli appassionati di basket che in questi anni hanno seguito con trepidazione le peripezie di questo magnifico ma sfortunato atleta.