Fa un certo effetto entrare nello United Center di Chicago, pure se lo fai per vivere una partita che sai sarà tutt’altro che memorabile. Pure se l’Arena mostra tutti i suoi anni e certamente non ti rapisce per l’architettura avveniristica.
Resta però pur sempre l’impianto che ha ospitato una delle dinastie più vincenti della storia della NBA, senza voler fare riferimento a Michael Jordan, la cui statua troneggia nell’Atrium.
I Bulls sono a secco di vittorie dopo tre partite e sfidano i Charlotte Hornets, due vinte e due perse in avvio di stagione. L’Arena resta semi-deserta fino a cinque minuti prima della presentazione, poi qualche vuoto viene riempito ma il dato ufficiale che parla di 19.170 spettatori è quantomeno generoso.
Passo in Sala Stampa, dopo aver ritirato l’accredito e verificato che misteriosamente il mio nome e il mio cognome sono esatti. Scendo a toccare il parquet, quel Toro ha segnato la mia adolescenza e mi emoziona anche se ora i Bulls sono una squadra di seconda fascia e il pubblico dello United dimostra di averlo capito.
La partita inizia nel silenzio generale, io sono al settimo piano a un passo dal tetto ma a differenza del Madison Square Garden dove i giornalisti vengono assistiti con tablet di ultima generazione che ti permettono di capire cosa succede in campo, a Chicago l’unico supporto arriva da monitor in bianco e nero Anni 80. Il giornalista accanto a me, evidentemente più navigato, tira fuori dallo zaino un binocolo e se la vede tutta così. Genio.
Il primo quarto scorre via veloce e silenzioso, meno veloci le due squadre in campo. Il ritmo è sonnecchiante, il 40% degli spettatori ne approfitta per procacciarsi il cibo. Si sparano magliette nel terzo anello anche durante il gioco per svegliare qualche anima rossonera, la partita sembra veramente un’optional, qui come altrove. Soprattutto in regular season, soprattutto quando la tua squadra non ti convince.
Gli Hornets vanno a canestro con semplicità, sembrano sul punto di scappare ma non lo fanno e chiudono il primo quarto sul 27-24, con 8 punti di Lamb e 6 di Walker
Per i Bulls lampi inattesi di Ryan Arcidiacono, con lui i più efficaci sono Justin Holiday (7) e il brasiliano Felicio (7) mentre LaVine rimane nel suo.
Nel secondo quarto Hutchison risponde ai 4 punti di Tony Parker e spinge avanti i Tori, la tripla di Monk ricuce ma poi gli Hornets mettono insieme una serie di disastri. Fallo sulla tripla di Arcidiacono, doppio tecnico a Lamb e coach Borrego, meno male che c’è Walker a fare in modo che i Bulls non scappino nel secondo quarto (54-53).
Chicago tocca la doppia cifra di vantaggio dopo l’intervallo lungo: il +11 lo ispira prima una schiacciata pazzesca di LaVine e poi le 5 triple in fila di Payne, che ne mette 15 in pochi minuti e accende lo United Center accelerando la digestione di hot-dog and fries. Il rientro di Charlotte è però fulmineo e in apertura di ultimo parziale è Tony Parker a siglare il jump del nuovo vantaggio esterno (88-89).
Arcidiacono ne mette 4 provvidenziali (10 alla fine, bravo!), Payne non smette di fare canestro (21 alla fine) ma Charlotte è tornata in campo con la testa giusta e così prima Kemba Walker e poi Marvin Williams con l’unica tripla di giornata timbrano il nuovo +5 Hornets (98-103).
I Bulls sembrano avviati alla quarta sconfitta stagionale, lo United sembra rassegnato ma ci pensa ancora LaVine a svegliare i Tori, prima della tripla del pareggio di Payne.
Finale in volata, si va da quelli che contano. Da una parte Kemba mette i tre liberi, dall’altra LaVine si mette in proprio dopo un paio di sciocchezze di Payne e l’1/4 ai liberi di Carter Jr. Kidd-Gilchrist esce per falli e lo United intona “Goodbye Stranger” dei Supertramp, i Bulls devono inseguire ma LaVine è ispirato e a 45 secondi dalla fine piazza un fade-away pazzesco che vale l’ennesimo pareggio (110-110).
A 5 secondi dalla fine è proprio LaVine a sbagliare il tiro del +2, dopo il timeout la palla sarebbe degli Hornets, che però pasticciano la rimessa e la riconsegnano ai Bulls. Palla a LaVine, che in penetrazione trova il fallo a 5 decimi dalla sirena. Zach segna il primo e prova a sbagliare il secondo, non riuscendoci e concedendo così agli Hornets il timeout e la rimessa in zona d’attacco. Tutto inutile.
Vincono i Bulls, viva i Bulls: 32 punti di LaVine, 23 di Kemba Walker. Lunedì a Chicago arriva Golden State. L’atmosfera sarà diversa, probabilmente anche il risultato.
Esco dallo United Center incrociando nuovamente la statua di MJ. Abbasso lo sguardo, con profondo rispetto. Chicago per la pallacanestro non sarà mai una città come le altre…
Giancarlo Migliola