Che la serata del Madison non sia una come tante altre lo conferma la scelta dell’artista a cui è affidata l’esecuzione dell’inno statunitense: è Ashanti a introdurre le squadre in campo, oltre che la protagonista del mini-show all’intervallo. Non è una serata normale per i Knicks, che affrontano i due volte campioni del mondo, e non lo è neanche per Curry e compagni, che al Madison Square Garden possono esibirsi una volta sola all’anno, a meno chi i Knicks non approdino alle Finals. Ipotesi che al momento tenderei ad escludere.
Warriors al completo, con l’eccezione del lungodegente Cousins, mentre i Knicks oltre a Porzingis devono rinunciare a Knox, Mudiay e Lee. New York prova a riscaldare il Garden con un avvio esplosivo (8-2, triple di Hardaway Jr. e Ntilikina) ma in realtà i primi boati arrivano con la schiacciata di Durant e poi con gli 11 punti consecutivi di un ispiratissimo Curry che valgono il 16-23.
A rimettere in carreggiata i padroni di casa ci pensa Cousins, a bordo campo in giacca e cravatta: l’ex stella dei Pelicans si scaglia contro gli arbitri al primo timeout e rimedia in sequenza tecnico ed espulsione. Burke chiude il primo quarto sul 25 pari ma nel secondo arriva la prima spallata decisa dei Warriors. Prima Green e poi una raffica di Durant ispirano il +12 (33-45), Golden State sembra padrona della partita pur mantenendo un filo di gas ma la noia è una brutta bestia, per i campioni del mondo, e allora arriva il contro-parziale dei Knicks che vede ancora Hardaway Jr. grande protagonista del 13-2 che consente a NY di andare all’intervallo in perfetta parità a quota 53.
Nel terzo quarto il copione rimane lo stesso nei primi minuti: Warriors apparentemente in controllo ma troppo intermittenti, Knicks che mantengono il contatto grazie ai rimbalzi e alle triple in sequenza di Hardaway e Burke fino all’81-71 del minuto 35. Quando Golden State percepisce il pericolo e intuisce che la pioggia può trasformarsi in grandine, si sveglia dal torpore: il primo segnale lo lancia Looney con 5 punti di fila, poi arrivano anche le triple di Thompson e i liberi di Curry. I Knicks hanno prodotto il massimo sforzo ma sono solo a +3, alla conclusione del terzo periodo.
Se un paio di giorni fa Curry aveva seppellito Washington segnando 51 punti, al Garden è Durant a salire sul palcoscenico e prendere il microfono: Golden State scatena 10 minuti di pallacanestro celestiale e mette insieme 47 punti in 12 minuti, contro i 16 dei Knicks. 47 a 16 in trasferta, avete letto bene… Durant tocca quota 41, 25 solo nell’ultimo quarto. Irreale. Coach Fizdale spiegherà poi in conferenza stampa: “Come fermarlo? Non ne ho idea, parliamo in un fuoriclasse assoluto. Forse potevo limitarlo io con qualche tackle mentre mi passava davanti”. KD prende per mano i suoi e li spinge verso una vittoria che alla fine è anche rotonda ed eccessivamente punitiva per i Knicks, finiti clamorosamente al tappeto per i colpi di Green, Curry e dello stesso Durant. In campo rimane una sola squadra, mentre il pubblico del Garden lentamente sfolla, sconcertato dalla doppia faccia dei Knicks: 37 minuti di buona qualità e poi il cedimento strutturale al cospetto dell’uragano gialloblu.
Domani Golden State rimane nella Grande Mela perché domenica affronta i Nets a Brooklyn e il giorno dopo i Bulls a Chicago. Avversari apparentemente non pericolosi, a meno che Curry e compagni non si annoino troppo nel corso delle varie partite. Come contro Washington, quando Durant ha chiesto di essere sostituito perché non si stava divertendo… troppo scarsi i Wizards. Al Garden i Warriors l’hanno scampata in rimonta ma a Denver, ad esempio, è finita diversamente e il pericolo che l’abitudine a vincere viri nella supponenza è reale. Ed è forse questo, al momento, l’unico vero problema di Steve Kerr. Finisce 100-128, con 41+9 di Durant e 17/24 dal campo, 29 di Curry e 18 di Draymond Green. Per i Knicks ottimo Hardaway Jr. con 24 punti, poi Ntilikina a 17 e Burke a 15.