New York può essere fredda, con i suoi campioni. Ad eccezione degli Yankees del baseball, ai quali per tradizione è concesso quasi tutto, gli altri vengono sempre sottovalutati o addirittura fischiati. Non succede solo al draft NBA che – per sventura dei ragazzini sui quali i Knicks hanno messo gli occhi – si svolge a Secaucus, nel New Jersey, ad una sassata dalla “City”, ma anche al ben più famoso Madison Square Garden: è rimasta nella storia la “billboard” che annunciava la partita tra New York e George Mikan…quasi ad ammettere che l’intera squadra locale valeva quanto il campione del Minnesota. E’ di pochi giorni fa l’ultimo episodio di questo tipo, l’affissione sulle pareti di un edificio newyorchese situato di fronte all’entrata del “Garden” di un enorme cartellone sul quale erano dipinti in versione “cartoon” Kevin Durant e Kristaps Porziņģis in maglia Knicks ed il trofeo NBA. In alto la scritta “Sei in grado di rendere di nuovo grande lo sport a New York”?
L’intento è ovvio: Kevin Durant a luglio sarà libero da contratto e la speranza dei tifosi locali è che decida di cambiare costa e maglia. Intanto, però, i tempi per la squadra locale continuano ad essere duri. Dopo quattro sconfitte nelle prime cinque partite, a trovare i Knicks in città sono arrivati i Warriors campioni – di qui appunto l’idea del cartello da parte di due tifosi- che dopo tre quarti non eccezionali sono letteralmente “esplosi” negli ultimi 12 minuti. Un parziale terrificante di 47 a 16 ha chiuso ogni velleità dei Knicks che si erano presentati all’ultimo intervallo corto con tre lunghezze di vantaggio. Ma quel che è peggio è che Durant non si è dimostrato particolarmente colpito dal cartellone né intenzionato a cambiare squadra, a luglio.
Coach David Fizdale ci è andato piuttosto duro, con i suoi: “Ho visto sguardi che dicevano ‘ok, abbiamo fatto la nostra parte stasera’. E ora devo fargli capire che le gare durano 48 minuti e non 40, come al college”. Obiettivo tutt’altro che semplice, quello di motivare un gruppo estremamente giovane con nove atleti sotto i 24 anni. Nelle prime tre partite New York aveva fatto tutto sommato bene, vincendo facilmente con gli Hawks e perdendo di misura contro Nets e Celtics, ma poi sono arrivate tre sconfitte piuttosto larghe con uno scarto complessivo di 68 punti, oltre 22 di media. Le attenuanti ci sono, l’assenza dell’unicorno (era stato proprio Kevin Durant a trovare al lettone il fantasioso nickname nel 2014) Kristaps Porziņģis in primis, ma se all’inizio l’impressione era che il gruppo fosse saldamente nelle mani del coach, nelle ultime uscite è venuta un po’ meno mentre Fizdale ricadeva in un vecchio difetto: quello di criticare i suoi con i giornalisti.
Era chiaro che per una squadra in ricostruzione i risultati non fossero la priorità, ma è altrettanto palese che il quesito più importante della stagione riguarda il modo in cui Fizdale si interfaccerà con i suoi atleti e soprattutto se sarà in grado di creare una mentalità vincente, un gruppo che combatte per 48 minuti. Finora i risultati sono stati controversi, ma il campionato è lungo e ci sarà tempo per migliorare. Anche in una città che i suoi atleti spesso non riesce sempre a venerarli, ma le sue dichiarazioni d’amore preferisce farle ad altri.