Con la NBA appena iniziata è difficile invogliare il pubblico ad accantonare, seppur per pochi istanti,le magie di LeBron James, Kevin Durant e Steph Curry, per concentrarsi su un altro inizio, quello della stagione del college basket.
Come convincere gli scettici che la NCAA può essere altrettanto divertente e appassionante? Con il fatto che le partite sono molto più sentite e che i giocatori riversano sul parquet un’intensità superiore rispetto ai colleghi “pro”? Che l’ambiente è molto più caldo di quello, a volte asettico, della NBA? Che ogni anno la NCAA svela i giocatori che saranno protagonisti della NBA che verrà? Che le future stelle NBA affrontano giocatori che di lì a qualche anno saranno contabili oppure insegnanti, e che spesso quest’ultimi mettono in difficoltà coloro che saranno gli idoli dei loro figli?
Per tutti questi motivi ( e anche tanti altri) è interessante seguire la NCAA, un campionato che vede al via oltre trecento squadre distribuite su tutto il territorio nazionale, differenti per tradizione, talento, budget e prospettive, e che ogni anno propone i futuri James Harden, Anthony Davis o Steph Curry.
Vediamo quali sono i maggiori talenti che tra qualche mese saranno disponibili al prossimo Draft, e quasi certamente animeranno la lega fin dal prossimo campionato.
Il nome di R.J. Barrett (nella foto con il numero 5) circola negli ambienti NBA fin dal 2017 quando, solo sedicenne, fece una buonissima impressione al Hoop Summit affrontando, tra gli altri, Michael Porter, Kevin Knox e Mo Bamba. Lo scorso anno ha dominato i Mondiali Under 19 in Egitto guidando il Canada al titolo e stritolando gli americani con 38 punti e 14 rimbalzi. Barrett è una guardia molto atletica e completa tecnicamente, in grado di attaccare dal palleggio e concludere al ferro, ma anche di giocare senza palla e colpire con il suo dolce tiro in sospensione. Sarà la prima scelta assoluta del prossimo Draft, e una delle prossime superstar della lega, ma prima c’è da giocare una stagione a Duke dove si aspettano molto da lui e dagli altri tre nuovi arrivi.
Anche Cameron Reddish è un Blue Devil, e anche lui è un freshman. Vederlo giocare è una gioia per gli occhi: l’eleganza e la naturalezza con la quale gioca fanno sembrare ogni suo movimento sul campo da basket la cosa più semplice che ci sia. L’abbondanza del roster di Duke ridurrà le sue responsabilità realizzative, ma siamo certi che agli scout non sfuggiranno i fondamentali perfetti, il rapido primo passo e la visione di gioco che ne fanno il prototipo dell’ala piccola NBA. I critici sottolineano come spesso non giochi con l’intensità necessaria, ma un anno sotto le sapienti mani di Mike Krzyzewski non potrà che fargli bene.
Duke monopolizza questa graduatoria perché anche Zion Willimason (nella foto con il numero 1) sarà agli ordini di Coach K. Zion è ormai conosciutissimo perché sul web i suoi video sono diventati “virali”. E’ un’ala dal fisico poderoso (196 centimetri per oltre 120 chili) ma leggiadro negli spazi brevi ed esplosivo quando decide di attaccare il ferro. Una specie di Charles Barkley o Larry Johnson – quello ammirato a Charlotte, prima dell’infortunio alla schiena – se vogliamo fare dei paralleli con i giocatori del passato. Nelle prime gare d’esibizione ha mostrato una facilità irrisoria nel concludere in avvicinamento, e le sue acrobazie aeree lo hanno già reso il nuovo idolo del Cameron Indoor Stadium. Ci sono molti punti interrogativi sulla sua adattabilità alla NBA – a causa del tiro in sospensione non proprio sicuro- ma avrà i prossimi mesi per convincere gli scettici.
Restiamo nella ACC per parlare di Nassir Little, l’ala piccola di North Carolina. L’arroganza atletica e la provenienza dalla Florida fanno tornare in mente Vince Carter, uno dei migliori passati da Chapel Hill. Little è stato MVP sia del McDonald’s che del Jordan Classic, due premi non sempre affidabili sul valore assoluto, ma segno inequivocabile del talento a disposizione. Gran difensore, difetta nel tiro dalla distanza (proprio come Carter alla stessa età) ma una stagione sotto coach Roy Williams lo aiuterà a migliorare.
Per una volta il miglior talento dell’Indiana ha scelto l’ateneo di casa e Romeo Langord vestirà la maglia degli Hoosiers. Langord è una “big guard” NBA con palleggio, tiro con raggio illimitato e istinti offensivi di prim’ordine. Era dai tempi di Eric Gordon (l’attuale guardia di Houston) che a Bloomington non arrivava un prospetto del genere, ma la scelta potrebbe anche nascondere delle insidie, perché la pressione che dovrà sostenere, nonché le incognite legate a una squadra non proprio competitiva, non sono da sottovalutare.
Vi ricordate Manute Bol, il guerriero Dinka che diventò un autentico oggetto di culto per gli appassionati NBA degli anni ’80? A Oregon partirà titolare il figlio Bol Bol, che lo ricorda nei tratti somatici, ma che è in possesso di un fisico molto più solido e atletico. I cromosomi gli hanno trasmesso l’altezza e la capacità di stoppare a piacimento, ma il “piccolo” Bol (alto solo 219 centimetri rispetto ai 234 del padre) è in possesso di un repertorio offensivo molto variegato che lo rende pericoloso anche a sei metri dal canestro.
Altro freshman è Nazreon Reid, il “romantico” centro del New Jersey che ha scelto Louisiana State per raggiungere la fidanzata. Reid è un lungo “moderno” e versatile, dotato dei chili necessari per farsi largo sotto i tabelloni, e capace di battere gli avversari sia spalle che fronte a canestro. A Baton Rouge sarà la stella dei Tigers, una squadra che punterà al titolo della SEC e che sembra l’ideale per mettere in mostra le sue molte qualità. Poi lo attenderà il Draft perché sembra proprio un prospetto imperdibile per come si è evoluta la NBA.
Tra pochi giorni debutterà a Wake Forest Jaylen Hoard, l’ ala francese a cui Danny Manning consegnerà le chiavi della squadra nel tentativo di risollevare i deludenti Demon Deacons. Figlio d’arte (il padre Antown Hoard ha giocato a Murray State e poi professionista in Francia), Jaylen può giocare in entrambi i ruoli di ala anche se è prevalentemente un’ala piccola con buone doti realizzative, come dimostrò nel 2016 quando stabilì il record dei Campionati Mondiali Under 17 con una partita da ben 41 punti.
Bill Self attende a braccia aperte Quentin Grimes, la guardia originaria del Texas che va completare il già fortissimo roster dei Jayhawks, i favoriti del prossimo campionato NCAA. Quentin è un giocatore molto versatile, in grado di giostare nei tre ruoli “dietro” e di abbinare un rimarchevole arsenale offensivo alla capacità di migliorare i compagni. Alla fine di questa stagione, Grimes seguirà il sentiero tracciato da Andrew Wiggins e Josh Jackson – sebbene sia a un livello leggermente inferiore – e sarà il prossimo “one and done” targato Kansas.
Può un Draft non vedere un giocatore di Kentucky tra i protagonisti? No, e infatti Keldon Williams è uno dei più attesi del Draft 2019. Formatosi a Oak Hill Academy – una garanzia a livello scolastico – Keldon è un’ala piccola dall’atletismo debordante che utilizza sia per finire con spettacolari schiacciate, sia per limitare gli attaccanti avversari in difesa. Siccome ha già impressionato gli scout NBA, presenti in massa alle partite disputate dai Wildcats alle Bahamas, non è difficile prevedere una sua chiamata in “Lotteria”.
Il giapponese Rui Hachimura è un po’ una scommessa, ma il suo finale di stagione non è passato inosservato tra gli scout. Arrivato negli States molto grezzo, in due anni è migliorato in modo incredibile grazie al lavoro svolto con coach Mark Few. Molto sciolto e atletico, deve ancora migliorare nel gioco perimetrale e nel tiro in sospensione, poi potrà coronare il suo sogno di essere un giocatore NBA e sfidare il suo idolo Giannis Antetokounmpo. Nel frattempo ci sarebbe un titolo da vincere con Gonzaga….
Anche Daniel Gafford potrebbe essere etichettato come una scommessa. Il centro sophomore di Arkansas è stata la più grande sorpresa della scorsa stagione. E’un atleta irreale: veloce, rapido e verticale, tutte doti che lo rendono il miglior stoppatore del college basket. Deve ampliare il repertorio offensivo, per adesso alquanto limitato, ma le premesse affinché questo avvenga ci sono perché Daniel ha mostrato netti progressi durante la passata stagione, quindi perché non puntare su di lui?
In questo elenco avrebbe potuto trovare spazio anche Jontay Porter, ma la settimana scorsa ha subito un terribile infortunio (rottura dei legamenti crociati del ginocchio destro) che lo obbligherà a saltare completamente la stagione. La stessa sorte, appena dodici mesi fa, che toccò a suo fratello Michael. Davvero sfortunato, la speranza è che recuperi al meglio dall’infortunio e che possa ripresentarsi per la prossima stagione.
La lunga lista è finita. Speriamo di avere almeno fatto crescere un minimo di curiosità agli appassionati NBA più “assolutisti”, e che durante l’anno seguiranno le notizie provenienti da quel mondo magico del college basket, almeno per non rimanere spiazzati alla chiamata della loro squadra preferita nel prossimo Draft.