Target Center di Minneapolis, ultimo timeout per gli Utah Jazz in svantaggio di tre punti. Suona la sirena che richiama le squadre in campo e le telecamere “stringono” su Derrick Rose. I suoi occhi sono arrossati, capisci che sta piangendo.
E’ uno di quei momenti che vanno oltre la cronaca per entrare nella leggenda dello sport. Perché prima di quel timeout, Rose aveva messo a segno i tiri liberi del +3, portando il suo bottino personale a quota 50 punti.
Le lacrime sono una sorta di catarsi, una pulizia dell’anima dopo mille infortuni, difficoltà, domande senza risposta per un atleta che prima di quel maledetto 28 aprile 2012, il giorno in cui si era infortunato al legamento crociato anteriore sinistro, era il migliore dell’NBA. Da quel momento la carriera dell’MVP 2011 si era praticamente interrotta tra riabilitazione, nuovi infortuni, nuove riabilitazioni infinite. Il passaggio ai Knicks del 2016 e poi quello a Cleveland nel 2017 sono tappe di un declino apparentemente irreversibile: i Cavs lo cedono ai Jazz che lo tagliano dopo solo 48 ore, il 10 febbraio scorso. La carriera sembra finita, ma Tom Thibodeau lo chiama e gli dice che lo vuole a Minneapolis. Finisce la stagione ai Timberwolves senza squilli di tromba, ma loro gli danno comunque un’altra possibilità sotto forma di un rinnovo di contratto per la stagione 2018-19.
Non è una gran situazione, quella dei Wolves, in mezzo alle lotte interne tra Jimmy Butler ed il duo Karl-Anthony Towns/Andrew Wiggins, mentre il proprietario Glen Taylor delegittima le scelte di coach Thibodeau. Il campionato inizia, ma il fuoco continua a divampare e Butler usa le partite come una vetrina personale che dimostra la “mollezza” di Towns e Wiggins in uno spogliatoio avvelenato.
Si arriva alla notte scorsa con Minnesota a 3 vinte e 4 perse: Butler viene “tenuto a riposo”, Jeff Teague ha un problema al ginocchio sinistro, Tyus Jones un infortunio al piede… Thibodeau non ha alternative e mette Derrick in quintetto. L’avversario sono i Jazz che otto mesi fa l’anno tagliato: è la grande occasione per dimostrare di essere ancora un giocatore NBA.
Derrick fa di più, perché quello in campo non è solo un giocatore NBA, ma un All Star: in una partita combattuta, torna a dominare sfidando e superando tutti gli avversari che coach Quin Snyder di volta in volta prova a appiccicargli addosso. Come detto alla fine i punti sono 50, compresi quelli che mettono i Timberwolves avanti e quelli che regalano il possesso pieno di vantaggio…e poi scoppia in lacrime durante l’ultimo timeout. Un calcio alla sfortuna, l’MVP è tornato per segnare il massimo di punti della sua carriera.
Le lacrime le asciuga con il dorso della mano, perché la partita non è finita, Utah ha ancora un’ultima opportunità per pareggiare. Jae Crowder e Joe Ingles sbagliano, ma la palla finisce nell’angolo sinistro dove Dante Exum è pronto a scoccare il tiro che manderà tutti all’overtime.
Ma è la sera di Derrick Rose, che come un supereroe compare dal nulla e stoppa la conclusione dell’avversario. E’ la ciliegina sulla torta di una notte speciale, da oggi si ritorna nella “normalità” di uno spogliatoio avvelenato. Sempre che la rinascita di Rose non abbia riflessi positivi e fornisca ispirazione al gruppo…sarebbe proprio una storia da raccontare.