Nel quarto d’ora di media a partita in cui calca il parquet viaggia tra il 5 e il 6. Quest’ultimo dato non attesta però il suo voto in pagella, bensì concerne i punti realizzati (5.6) e i rimbalzi catturati (5.2). Shaheed Davis, 24enne del New Jersey, dopo aver lasciato gli Stati Uniti nel 2016, aver dato piccoli morsi in Inghilterra, Iraq Bulgaria e Macedonia e bazzicato un po’ più a lungo in Ucraina, la scorsa estate è sbarcato in Brianza, ben conscio che in Italia il suo apprendistato necessitava di una qualifica decisamente più consistente. E le prime partite stagionali in maglia Red October hanno confermato che la stoffa sì magari ci può anche essere, ma che serve tempo per garantire un certo tipo di rendimento in serie A
Cinque partite di campionato, poche ma forse sufficienti per rendersi conto se questo era il livello che si aspettava?
“Abbastanza per dire che è tutto quello che mi aspettavo: il livello del talento dei giocatori qui è alto, inoltre è una lega fisica e l’atmosfera nei palazzetti durante le partite è fantastica”.
“Ho bisogno di mettermi alla prova in un contesto come quello italiano, dove il livello è molto alto, qui voglio dimostrare quanto valgo” ha confessato al momento del suo approdo da queste parti: a che punto siamo?
“Penso di aver dimostrato di poter giocare a questo livello. Ora sto giocando nel mio molo naturale e fornisco alla squadra una bella spinta quando entro in campo. Credo di aver dimostrato, nonostante il minutaggio limitato, di essere un buon rimbalzista e di difendere bene anche in enti-ambe le posizioni (ovvero sia sulle ali grandi sia sui centri, ndr). Ora, però, vorrei fare un altro passo importante per il mio processo di crescita”.
Quali le principali difficoltà riscontrate e quali invece le giocate che le vengono con maggior naturalezza?
“Non direi che ho avuto delle difficoltà ma sicuramente ci sono stati degli aggiustamenti che ho dovuto fare. Abbiamo alcuni giocatori esperti in squadra, soprattutto nel mio spot, dunque sto partendo dietro di loro nelle gerarchie. Diciamo che è un ruolo diverso rispetto a quello che avevo lo scorso anno nella mia ex squadra”.
Con l’arrivo di Jefferson, lei ha iniziato a partire dalla panchina: che differenze sta trovando tra l’entrare subito in quintetto emettere invece piede in campo a partita in corso?
“Partendo titolare in quintetto sono in grado di trovare più facilmente il mio ritmo, ottenendo più velocemente confidenza per la partita Entrando in campo dalla panchina, invece, provo a concentrarmi sulle piccole cose come portare energia a rimbalzo, sia difensivamente sia offensivamente. L’anno scorso ero partito in una situazione simile che, a mio parere, mi ha aiutato davvero tanto. Essendoci già passato nell’annata precedente, posso dire di essere mentalmente pronto a ricoprire un ruolo di questo tipo”.
Come spiega la brutta partita della squadra a Brindisi?
“Una sconfitta del genere può aiutarci molto, un aiuto inteso come miglioramento nella nostra fase di crescita psicologica. A Brindisi abbiamo fatto un passo indietro, rilassandoci mentalmente perché stavamo vincendo una partita dietro l’altra. Ora abbiamo soltanto bisogno di mettere a fuoco questa settimana di lavoro, per tornare a fare quello che ci ha resi tanto bravi come squadra nelle scorse settimane”.
Fonte: La Provincia