Con l’arrivo di Jimmy Butler i Philadelphia 76ers entrano nella fase conclusiva del loro progetto di rinascita denominato “The Process”.
L’acquisizione dell’All Star ex Chicago e Minnesota infatti sancisce in maniera netta il passaggio da squadra “in ricostruzione” a “contender” con ambizioni di avere un posto nelle finals nei prossimi anni. Se Butler riuscirà sin da subito ad alzare il livello dei 76ers ed a proiettarli in testa alla classifica dell’Eastern Conference già da questa stagione è difficile da pronosticare, ma nella città dell’amore fraterno sicuramente da ora si può sognare in grande.
Un progetto visionario e forse l’unico realizzabile nella NBA moderna per tornare a competere ad altissimi livelli nel giro di un lustro, “The Process” è stato ideato e fatto partire dal general manager Sam Hinkie nel lontano 2013 ed inizialmente ha portato in dote lacrime e bocconi amari per i tifosi dei 76ers, costretti a tifare per squadre perdenti che sin da subito avevano come unico obiettivo stagionale quello di arrivare più in fondo possibile nella classifica per avere scelte alte al draft. Questo accumulo di talento giovane però ha consentito a Philadelphia di restare nell’anonimato per un periodo più breve rispetto a moltissime altre franchigie NBA (pensiamo a Sacramento, Orlando, New York) ed ora la dirigenza è pronta per raccogliere i frutti di una programmazione che non ha lasciato nulla al caso. Butler si va ad aggiungere a giocatori giovani ma già importanti come Joel Embiid e Ben Simmons e se anche la scommessa su Markelle Fultz si rivelerà vincente a Philadelphia sono pronti per prendersi un posto nell’elite della Lega per il prossimo decennio.
“Trust The Process” amava ripetere Sam Hinkie e molto probabilmente aveva ragione lui.