Ci sono matrimoni “made in heaven”, nati per funzionare. Altri invece sono destinati al fallimento, ed uno di questi è senz’altro il rapporto tra Carmelo Anthony e gli Houston Rockets. Tanti, troppi erano i dubbi che fin dall’inizio si rincorrevano: l’età dell’atleta, la sua scarsa propensione alla difesa, il gioco ad alto numero di ottani dei texani, un feeling mai sbocciato tra “Melo” e Mike D’Antoni , anche perchè minato dai dissapori newyorchesi.
Ad onor del vero, Anthony ci ha provato. Ha accettato la panchina per la prima volta in carriera, si è “piegato” ad ogni richiesta del coach, ha provato e riprovato a far funzionare il giocattolo che sembrava rotto. Ma è chiaro che se una squadra col tridente Chris Paul-James Harden-Mike D’Antoni arriva ad un soffio dalla Finale NBA e poi inizia la stagione successiva vincendo solo una delle prime sei partite, è chiaro che l’indice degli addetti ai lavori verrà puntato contro il…presunto colpevole, ovvero colui che l’anno scorso era altrove: l’asso da Syracuse.
Che non è ovviamente l’unico colpevole della partenza al rallentatore di Houston, ma ha sicuramente mostrato i suoi limiti in un sistema che avrebbe dovuto favorirlo ed invece ha messo a nudo la sua età ed i suoi problemi difensivi. Un dato è sufficiente a definire l’impatto negativo di Anthony sulla sua (ormai ex) squadra: nelle dieci partite disputate i Rockets con lui in campo hanno subìto 65 punti in più di quelli che hanno segnato. Per fare un paragone, James Harden ha fatto registrare un “plus/minus” di -6 e Chris Paul di -28. Quello di Melo è il dato peggiore della squadra e coach D’Antoni che ovviamente non guarda in faccia a nessuno, alla fine l’ha messo da parte per dare spazio al ventitreenne Gary Clark, decisamente più produttivo soprattutto in difesa.
Dopo la prestazione disastrosa del numero 7 nella partita contro Oklahoma City, i Rockets sembrano averlo scaricato definitivamente attribuendogli – oltre alle colpe reali – anche una sorta di “effetto vodoo”: una volta liberatasi dello scomodo compagno di squadra, la ciurma del “Barba” ha maramaldeggiato a Denver. Ed anche Tracy McGrady, indimenticata stella del passato, ha voluto mettere il suo carico da 100 chili dichiarando: “Carmelo dovrebbe ritirarsi, lo dico per il suo bene”.
Il taglio di Anthony da parte di Houston non è ancora arrivato ma rappresenta la logica conclusione ad un amore mai sbocciato. L’estate scorsa e le telefonate al miele di Paul e Harden per convincerlo a scegliere i Rockets sembrano lontane anni, mentre l’agente dell’atleta ha cominciato a sondare l’interesse di altre franchigie nei confronti del suo protetto. Lavoro non facile nel momento in cui la popolarità di Melo è ai minimi storici almeno quanto la sua abilità in difesa.