A inizio stagione in molti nutrivano dei dubbi sulle capacità dei Raptors di primeggiare ancora nella Eastern Conference: la débâcle nei Playoffs, il cambio di allenatore, la trade DeRozan – Leonard, l’impegno di Kawhi, l’età di Kyle Lowry e Serge Ibaka. Tutti interrogativi che, piano piano, stanno svanendo di fronte alle tante vittorie dei canadesi. Nick Nurse ha trovato una squadra pronta ad accogliere le sue idee e, soprattutto, molto carica e smaniosa di vendicare l’insuccesso della scorsa post season quando, forti del record di 59 vittorie e 23 sconfitte, pensavano di essere i principali candidati alle Finals contro Golden State.
Kawhi Leonard sta avendo un’annata decisamente spettacolare (oltre 24 punti di media ), Serge Ibaka sembra tornato quello di Oklahoma – se non nell’atletismo, almeno nell’efficacia (17 punti e 8 rimbalzi di media) – e Kyle Lowry è sempre colui che detta il ritmo dell’attacco, prendendosi il lusso di guidare la Lega negli assists (10 di media).
Ma, a dispetto del rendimento di assoluto livello, nessuno di questi si è meritato alcun premio in questo inizio di stagione. L’unico giocatore dei Raptors che può fregiarsi di un riconoscimento ufficiale è Pascal Siakam – forse il meno pubblicizzato tra i componenti del roster – nominato “Giocatore della Settimana” solo pochi giorni fa.
Nato e cresciuto a Doula in Camerun, la sua storia è paragonabile a quella di tanti giovani del continente africano partiti per l’America con la speranza di realizzare i propri sogni. Per la verità il sogno era del padre Tchamo, talmente amante della NBA da instradare tutti i suoi figli verso il basket (Boris, Christian e James Siakam hanno militato in squadre di Division One della NCAA) nella speranza di vederli vestire una delle prestigiose e ambite casacche. Pascal, al contrario, amava i “Leoni Indomabili” di Samuel Eto’o e sembrava quello meno propenso a seguire la tradizione di famiglia. Ma il destino, spesso, disegna sentieri tortuosi. Le brillanti prestazioni al Luc Mbah a Moute Basketball Camp e all’annuale Basketball Without Borders in Sud Africa gli consentirono di meritarsi una borsa di studio per una scuola superiore negli Stati Uniti.
L’impatto fu terribile. Le sue doti atletiche erano palesi ma i risultati sul campo da basket erano decisamente miseri. Non era difficile sentire i suoi compagni gridare “Brick (mattone, N.d.R) “, “Mani di pietra”, “Smetti” e tanti altri epiteti che ridicolizzavano i suoi sforzi. Invece di scoraggiarlo, le parole di scherno rappresentarono uno stimolo ancora maggiore per allenarsi e, di lì a poco, arrivarono i miglioramenti e anche la borsa di studio per New Mexico State.
La volontà, il lavoro, il tempo passato in palestra per migliorare, la crescente sicurezza nei fondamentali, furono elementi costanti anche negli anni a Las Cruces, sede del campus di New Mexico State. Non era difficile incontrare Pascal in palestra anche dopo gli allenamenti. Un approccio e una dedizione che colpirono gli scout NBA quanto gli oltre 20 punti e 11 rimbalzi con i quali chiuse la stagione 2015/2016, suo ultimo al college prima di provare la carta del Draft ed esaudire il desiderio del padre scomparso solo due anni prima.
Tra lo scetticismo generale i Raptors lo selezionarono a fine primo giro, a ripensarci una delle scelte migliori operate dai canadesi (gli stessi di Bruno Caboclo e Rafael Araujo).
Arrivato in sordina in Canada, Pascal lentamente si è fatto amare dal coaching staff di Toronto. Già dal primo anno ha potuto fregiarsi di 55 presenze e addirittura 38 partenze in quintetto. Il secondo anno è stato migliore in termini numerici (quasi 8 punti di media) e ha fatto parte del “bench mob” che spesso ha risolto le partite dei Raptors.
Quest’anno è arrivata la consacrazione; i minuti sono saliti a 28 a partita e le medie sono raddoppiate, arrivando a oltre 14 punti e 6 rimbalzi con un incredibile 63 % dal campo, cifre che assumono un significato ancor più rilevante se consideriamo l’attacco molto “democratico” ed equilibrato dei Raptors, caratterizzato da ben otto giocatori che segnano almeno 9 punti.
Il contributo di Siakam è più importante di quanto raccontino le mere statistiche. L’intensità, il dinamismo sui ventotto metri e l’atletismo di cui dispone permettono ai Raptors di schierare un quintetto veloce, rapido e votato alla transizione (20 punti di media in contropiede, terzi nella Lega). In difesa, poi, le stesse doti lo trasformano in uno dei difensori più versatili dell’interna NBA, capace di difendere con efficacia sui piccoli e sui lunghi. Ciò che stupisce è l’evoluzione del suo gioco, la comprensione e la padronanza di alcuni fondamentali non sono minimamente paragonabili a quanto visto al college e nei primi due anni nella NBA. Per non parlare degli inizi, quegli inizi che proprio l’attuale compagno di squadra Ibaka può testimoniare, essendo stato uno dei testimonial del Basketball Without Borders in cui Pascal si mise in mostra.
La stagione è ancora lunga, ma se a Toronto in tanti stanno sognando le Finali NBA, il merito è anche di Siakam, uno dei segreti di questo folgorante inizio.