Oggi inauguriamo la rubrica che vuol far scoprire le matricole che quest’anno hanno esordito nella NBA. Nel corso della stagione presenteremo i nuovi protagonisti della lega, seguendone il rendimento, verificandone i progressi e accompagnandoli in questa nuova avventura.
Quasi ogni anno si parla di come la classe di rookie non sia all’altezza di quella precedente, e debuttare dopo Donovan Mitchell, Jayson Tatum e Ben Simmons (sebbene fosse un rookie particolare), non ha esentato la classe 2018/2019 da questa “pessimistica” predizione. Invece, a ben guardare, e con la cautela dovuta dopo un solo mese di partite, DeAndre Ayton, Luka Doncic, Jaren Jackson, Trae Young e gli altri non stanno certo sfigurando.
In questo primo spazio non parleremo di “bocciati”, le partite disputate sono veramente poche e sarebbe ingiusto etichettare come delusioni dei giocatori che, in larga parte, non hanno avuto lo spazio necessario per mettersi in mostra.
Il Migliore
Difficile non iniziare da Luka Doncic. In stagione viaggia a quasi 20 punti, 7 rimbalzi e 4 assists, e sebbene le cifre siano di assoluto livello, specialmente per un diciannovenne, l’impatto va ben oltre. Ogni settimana sembra sempre più a suo agio nella nuova dimensione del basket “a stelle e strisce”, e ormai è evidente come Rick Carlisle gli abbia affidato le chiavi della squadra. Lo dimostra la perfetta interpretazione dei minuti finali della vittoria contro i Warriors, nei quali è emerso come il “go to guy” dei Mavericks e sigillato il 112 – 109 con i quali Dallas ha sorpreso i campioni NBA.
Non si può negare che sia agevolato dalle esperienze in Eurolega, ma è comunque sorprendente la naturalezza con la quale affronta, quasi spavaldamente, dei “mostri sacri” come LeBron James e Kevin Durant. Così come è disarmante la versatilità che lo vede, indistintamente, condurre il contropiede e dettare l’ultimo passaggio, giostrare sul perimetro e colpire con il suo efficacissimo tiro, giocare in isolamento quando è marcato da giocatori più lenti, oppure spostarsi in post basso quando è accoppiato a giocatori più piccoli. Steve Kerr ha usato un termine che viene usato nel baseball per descrivere la versatilità: “five tools player”, ovvero un giocatore in possesso di tutte le qualità, atletiche e tecniche, necessarie per emergere ad altissimo livello.
Il pubblico di Dallas – e non solo – lo ama già alla follia, conquistato da alcuni numeri da prestigiatore come la “palla scomparsa” ai danni di Justin Holiday e di Rudy Gobert. Delle giocate certamente immaginifiche e fantasiose, ma che poggiano su una tecnica individuale e una visione di gioco impareggiabili anche questo livello.
Per adesso appare il candidato numero uno al titolo di “Rookie of the year”, ma questo non rappresenta certo una notizia visto che anche i solitamente scettici esperti americani lo avevano indicato come il giocatore più pronto del Draft.
Promossi
E’ un peccato per gli altri rookies essere entrati nella NBA assieme al fenomeno sloveno, perché le loro prestazioni stano quasi passando sottotraccia. Comunque meritano una menzione d’onore DeAndre Ayton, Trae Young e Jaren Jackson Jr.
Ayton fa sembrare la ”doppia doppia” a cui sta viaggiando la cosa più naturale che esiste, e la sua morbida conclusione dai 5 metri ha fatto più di una vittima. Peccato che per adesso i suoi Suns non stiano beneficiando troppo del suo arrivo, ma in Arizona non sono poi così dispiaciuti di un altro anno in purgatorio. Ad Atlanta erano stati bollati come pazzi per aver rinunciato a Doncic, ma Trae Young sta facendo ingoiare tanti bocconi amari ai detrattori, interpretando al meglio il suo ruolo di guida per un gruppo giovane e frizzante. Anche Jaren Jackson Jr. entra a pieno titolo nei promossi. A Memphis si integrato benissimo accanto ai veterani Mike Conley e Marc Gasol, e proprio con il centro catalano forma una delle coppie di lunghi più versatili della lega.
Il caso
Cleveland è in subbuglio: il licenziamento di Tyron Lue, le bizze di J.R. Smith e il record decisamente negativo. Collin Sexton si trova ad imparare la NBA in questo contesto. L’inizio è stato terribile: le difficoltà naturali per un diciannovenne e le critiche dei veterani per l’approccio forse troppo egoista. Poi, complice l’infortunio di George Hill e la promozione in quintetto, ecco l’esplosione. A novembre Sexton viaggia a 14 punti di media con un incredibile 68% dall’arco e si sta distinguendo per un’inusuale efficacia difensiva, come dimostrano le prestazioni di John Wall e Kemba Walker, tenuti abbondantemente sottomedia. Che Cleveland abbia trovato l’erede di Kyrie irving?
La sorpresa
Un discorso a parte merita Allonzo Trier. A New York tutti aspettavano Kevin Knox – rallentato da problemi fisici – ma è il talentuoso ex Arizona a riscaldare il Madison Square Garden. Snobbato da tutti al Draft e finito addirittura “undrafted”, si sta prendendo fior di rivincite. E’ vero che il roster dei Knicks non abbonda di campioni, ma i suoi 11 punti di media e le sue prestazioni di questo primo mese sono tutt’altro che da disprezzare,e non è detto che a New York non abbiano trovato un0 dei protagonisti dell’attesa rinascita.
Continueremo a osservare da vicino le matricole della NBA nelle prossime settimane, e nel prossimo appuntamento faremo la conoscenza di altri giovani protagonisti della NBA.