Ritorna l’appuntamento con la rubrica dedicata alle matricole della NBA, uno spazio che rischia di essere monopolizzato da Luka Doncic, il protagonista assoluto della nidiata 2018. Si avvicina il Natale, ma i Mavericks il loro regalo lo hanno già ricevuto qualche mese fa quando si accaparrarono lo sloveno la sera del Draft. Luka sta disputando una stagione così speciale che è difficile trovare dei precedenti paragonabili – almeno negli ultimi anni – , ed è quasi superfluo parlare di chi vincerà il premio di “Rookie dell’Anno”.
Ciò non toglie che tra gli altri protagonisti del Draft 2018 non ci siano giocatori che in futuro si ritaglieranno uno spazio importanti nella Lega, e quindi meritano un approfondimento.
In evidenza
Quella sera del 21 giugno, DeAndre Ayton ha avuto l’onore di essere il primo a salire sul palco e stringere la mano al Commissioner Adam Silver. I pochi mesi passati ad Arizona, hanno convinto i Phoenix Suns a investire sul giovane bahamense buona parte del loro futuro e le speranze di una rapida risalita nelle alte sfere della Western Conference. Attualmente viaggia a 16 punti e 10 rimbalzi di media, una statistica che nessun esordiente era stato in grado di registrare dal lontano 2000 e che assume ancora più importanza se pensiamo che gioca al fianco di due grandi attaccanti come Devin Booker e T.J. Warren. Ancor più interessante è notare come il suo rendimento salga quando incontra i migliori centri della NBA: contro Joel Embiid, Anthony Davis, Andre Drummond, DeAndre Jordan, Marc Gasol e Karl-Anthony Towns, DeAndre ha elevato il suo gioco, disputando sempre partite di alto livello e tenendo una media complessiva di 20 punti e 11 rimbalzi di media, con un sensazionale 77 % dal campo. Il fisico imponente, la rapidità di piedi, le mani morbide anche dai 5 metri sono tutti “assets” che lo rendono già adesso un lungo completo, e che in futuro – e gran parte degli addetti ai lavori sembrano essere d’accordo – lo renderanno un rebus difficile da risolvere per le difese avversarie euno dei migliori attaccanti dell’interna NBA. Purtroppo, gli stessi esperti concordano anche sulle deficienze nella sua metà campo, dove il suo impatto è decisamente inferiore a quanto i suoi mezzi atletici potrebbero permettergli. Una valutazione fondata sulle consuete statistiche avanzate, ma influenzata anche da un linguaggio del corpo che, di primo acchito, sembra quasi far trasparire un approccio passivo al gioco, ma in realtà è solo la trasposizione sul parquet di quell’indole compassata che tradisce le sue origini caraibiche. Ayton è però molto più intenso di quanto sembri, e per averne conferma, basta chiedere a Booker, il bersaglio di una scaramuccia nello spogliatoio al termine dell’ennesima sconfitta subita quest’anno. Il messaggio è chiaro: l’ex Arizona vuole vincere e languire sul fondo della Western Conference non gli aggrada per niente.
L’esplosione di Doncic sta mettendo in dubbio la bontà della scelta effettuata dai Suns, ma Ayton ha solo 20 anni e l’adattamento al gioco NBA necessita di un pò di tempo, specialmente per un giocatore che affronta per la prima volta degli avversari degni di questo nome dopo aver dominato fisicamente al liceo e al college.
In ombra
Tra i giocatori che non sono ancora riusciti a convincere pienamente troviamo Marvin Bagley III. La “cavalletta” ammirata in maglia Duke sta soffrendo più degli altri l’ambientamento nella NBA. Al college poteva giostrare nei pressi del canestro e, grazie alla sua grande reattività, rendersi pericoloso sia concludendo in prima persona che, soprattutto, a rimbalzo offensivo. La grandissima concorrenza, con i vari Skal Labissiere, Harry Giles, Kosta Koufos, Nemanja Bjelica e l’eccellente Willie Cauley-Stein a battersi per i minuti di gioco, oltre a ridurne il minutaggio – cosa che ha portato anche alla polemica tra Vlade Divac e Dave Joerger – , lo costringe ad allontanarsi spesso dall’area pitturata, riducendone enormemente l’impatto. Coach Joerger, però, è soddisfatto della stagione di Marvin (12 punti e 6 rimbalzi di media), e recentemente si è sbilanciato prevedendo un futuro da superstar per Bagley e il compagno De’Aaron Fox, definiti i “Kevin Durant e Russell Westbrook di Sacramento”. A parte i “voli pindarici” e gli accostamenti per adesso molto ingombranti, non è difficile condividere le considerazioni dell’allenatore di Sacramento; Bagley è giovanissimo – i suoi 19 anni lo rendono il giocatore più giovane tra le matricole del 2018 – e le incredibili qualità atletiche che madre natura gli ha regalato sono una base eccezionale a cui aggiungere un bagaglio tecnico da lungo moderno. A Sacramento, a dispetto di un record sorprendentemente positivo, non hanno fretta e possono aspettarne pazientemente la maturazione.
La sorpresa
A Dallas gli occhi sono tutti per Doncic, ma c’è anche un altro rookie che sta lentamente emergendo: Jalen Brunson. Il passato universitario a Villanova, con due titoli NCAA e il premio di “Giocatore dell’Anno” lo scorso anno, non gli hanno permesso di essere selezionato al primo giro, ma quello ormai è il passato, e Brunson sta trovando sempre maggiore spazio nella rotazione di coach Rick Carlisle. Da quando Dennis Smith Jr è costretto in infermeria, Jalen è stato promosso in quintetto e sta rispondendo con 11 punti e 3 assists di media. Il figlio d’arte (il padre Rick è stato un “journeyman” NBA, dopo una buona carriera a Temple, l’acerrima rivale cittadina di Villanova….) ha incassato i meritati i apprezzamenti di Carlisle per l’inusuale maturità e l’essenzialità del gioco, aspetti che sono ben sintetizzati dal rapporto tra assist e palle perse, un incredibile 4:1 che lo pone tra i migliori interpreti nel ruolo di point guard.
Top Five
- Luka Doncic (Dallas Mavericks): prossimo Rookie of the year e pronto a una carriera da protagonista nella NBA dei prossimi 10 anni.
- Jaren Jackson Jr (Memphis Grizzlies): per adesso è perfetto nel ruolo di “scudiero” di Marc Gasol e Mike Conley, ma il futuro è suo.
- DeAndre Ayton (Phoenix Suns): punti e rimbalzi decisivi nella striscia vincente dei suoi Suns.
- Shai Gilgeous-Alexander (L.A. Clippers): sorpresa in maglia Clippers, ormai stabile nello spot di play titolare. Ne riparleremo presto.
- Collin Sexton (Cleveland Cavaliers): il record dei Cavs è pessimo e non sempre le sue scelte sono oculate, ma è l’unica luce nel buio di Cleveland.