“Zion Train is coming our way; Oh, people, get on board (you better get on board)” (Il treno di Zion sta arrivando da questa parte; gente, salite a bordo (è meglio che saliate a bordo)
L’immortale Bob Marley evidentemente non poteva riferirsi a Zion Williamson quando ha composto la profetica e ipnotica “Zion Train”, ma la strofa è incredibilmente adattabile anche al giovane originario del South Carolina. Si, perché Zion sta arrivando nella NBA proprio come un treno, e perchè tutte le franchigie farebbero carte false per “salire sul treno”, selezionando il favoloso freshman di Duke alla prima chiamata assoluta del prossimo Draft.
E pensare che non era così atteso a questi livelli. Williamson è sempre stato un prospetto seguitissimo (era al numero cinque della graduatoria dei migliori liceali del suo anno), ma a inizio stagione c’erano alcuni punti di domanda sul suo adattamento alla NCAA. Invece, l’avvento nel college basket di Zion è stato un come uragano. Le statistiche (21 punti, 9 rimbalzi, 2,5 assists, quasi 2 stoppate e un impossibile 67% dal campo) sono già eloquenti, ma non ne descrivono appieno il successo. Anzi, forse il termine più corretto è dominio, perché Williamson sta letteralmente dominando la stagione di college basket, mostrando ogni volta che scende sul parquet come possa disporre a piacimento dei difensori avversari grazie alle “ingiuste” doti fisiche che Madre Natura gli ha messo a disposizione.
Lo “specimen” fisico e l’atletismo sono senza precedenti: due metri d’altezza, 130 chili di muscoli, una potenza e un’esplosività atletica irreali che si sposano magicamente con un’agilità difficilmente immaginabile per un uomo con quella stazza. L’imponente struttura fisica l’ha ereditata dal padre Lateef Williamson, uomo di linea di North Carolina State, mentre per la velocità e la reattività il merito è della madre Sharonda Sampson, “sprinter” della squadra d’atletica del piccolo Livingston College.
Se è scioccante vederlo rischiare di sbattere la testa contro il ferro per una stoppata o una schiacciata, non lo è di meno osservare la leggiadria con la quale, in piena velocità, esegue una “veronica” in palleggio per aggirare il difensore e concludere a canestro. L’aspetto più incredibile è che Zion fa sembrare naturale quello che non è, perché non è normale battere dal palleggio le guardie avversarie, eseguire un ”360” con disarmante facilità, oppure terminare il “coast to coast” con un’esitazione in palleggio e una violenta schiacciata “portando a spasso” 130 chili.
Ormai il clamore che lo circonda travalica il basket giocato. Non si tratta solo di canestri e schiacciate, Williamson è diventato uno “show” da vedere assolutamente. Non si spiegano altrimenti la comparsa di Jay-Z – uno dei più influenti rapper degli Stati Uniti, e quindi del pianeta – a bordo campo a Pittsburgh, i cori che il pubblico Madison Square Garden gli ha dedicato per manifestare il desiderio di vederlo in maglia Knicks, e il fatto che le prime sei partite per audience televisiva di ESPN hanno tutte come protagonista i Blue Devils di Duke del ragazzo da Spartanburg.
Ma sarebbe fuorviante e riduttivo fermarsi al solo aspetto spettacolare. Zion è un giocatore “vero” e lo ha capito bene Mike Krzyzewski, che suggerisce di superare lo stupore suscitato dagli “highlights”: “E’ il miglior atleta che abbia mai alleato. Lo so che tutti si concentrano sulle schiacciate, ma è un giocatore straordinario: può penetrare, può giocare in post, capisce benissimo la pallacanestro. E poi è aggraziato, la mobilità laterale e la velocità sono fuori dal normale”.
Anche gli avversari concordano sull’irripetibilità di Zion.
Jeff Capel, l’attuale allenatore di Pittsburgh, dopo essere stato affondato dall’iniziale 10/10 dal campo (e 25 punti a fine partita), ha dichiarato: “Non ricordo di aver visto nulla di simile. Ad un certo punto del primo tempo, aveva già 17 punti e non aveva sbagliato neanche un tiro. Non abbiamo potuto fare niente per limitarlo. E’ davvero, davvero, unico”. Ha poi aggiunto che la prestazione “onnipotente” gli ha ricordato una partita del 2007, quando sedendo sulla panchina di Oklahoma ebbe il “piacere” d’incontrare Kevin Durant, allora freshman a Texas.
Anche Jim Boeheim, il coach di Syracuse, dopo averlo visto segnare 35 punti contro la sua “celeberrima” zona, ha dichiarato di “E’ difficilissimo marcarlo, perchè è molto fisico. Assomiglia a Charles Barkley, solo che tira meglio e non è grasso. Ma è un giocatore differente. Non ho mai visto un giocatore del genere nella mia “breve” carriera”. A parte il siparietto legato al paragone con ”Sir” Charles – che avrà sicuramente qualche appunto da fare – la “breve” carriera per Boeheim significa quasi 40 anni di NCAA, un periodo abbastanza lungo per confermare come Zion sia unico.
A rimarcarne l’unicità è intervenuto anche Steve Kerr che, dopo aver visto le immagini della partita tra Duke e Kentucky, si è lasciato andare a delle dichiarazioni che avrebbero potuto anche procurargli una multa da parte della NBA: “Pensavo che LeBron fosse unico, ma sembra che il prossimo stia già arrivando”.
Si, ha ragione l’allenatore dei Warriors, “Zion Train is coming our way”.