Otre a Zach Messitte, di cui abbiamo parlato in un altro articolo ed assiduo frequentatore della Vanoli su cui e sul basket italiano sta scrivendo un libro, da qualche giorno un altro americano si nota sugli spalti del PalaRadi, Dan Crawford, padre di Drew, una delle grandi sorprese della Vanoli e del campionato. «Una persona molto speciale per me» dice l’alabiancoblù. «Papà per qualche giorno è qua al mio fianco a Cremona, ma siamo comunque molto uniti anche quando è negli Usa. Ci sentiamo spesso al telefono, mi dà buoni consigli sulla pallacanestro. È stato contento fin dall’inizio della mia scelta di venire a giocare in Italia. Abbiamo esultato insieme dopo la vittoria della Coppa Italia. Mi ha fatto i complimenti e li ha fatti a tutti i miei compagni». Dan è un pezzo di storia del basket Nba. Arbitro per 32 anni, con 23 finali consecutive dirette, ha chiuso la carriera arbitrando la quinta ed ultima partita della finale del 2017 tra Golden State e Cleveland, che aveva sancito la vittoria del titolo dei Warriors. In un sondaggio di qualche anno fa del Los Angeles Times era stato considerato il primo tra i tre migliori arbitri della Nba. «Il giocatore più difficile da arbitrare – racconta – è stato senza dubbio Rasheed Wallace, il centro di Detroit, che guida ancora oggi la classifica per falli tecnici nella storia della Nba e falli tecnici ed espulsioni in una singola stagione. Trai più educati e disponibili Ray Alien, Grant Hill e Steph Curry». In tutti i campi della Nba nelle prime file vi sono attori, attrici e personaggi famosi e Crawford ha avuto spesso anche a che fare con alcuni di loro. Spike Lee, il famoso regista afro-americano, da sempre grandissimo tifoso dei New York Knicks, prima di ogni partita al Madison Square Garden, gli si avvicinava e gli ricordava sempre che non doveva dimenticarsi di fischiare i passi, mentre Billy Crystal, tifoso dei Los Angeles Clippers e attore di film commedie, come il famoso Harry ti presento Sally, chiedeva sempre che prestasse attenzione ai tre secondi. «Ma in una partita mi capitò di fischiare un tre secondi ai Clippers, tra la disperazione di Crystal…» racconta. Abbonato a Eurosport, non si perde una partita del figlio in televisione ed in occasione di quella contro Sassari si è svegliato alle cinque di mattina per vederla. «Drew è sempre stato altruista nel gioco e non solo, ma quando giocava all’high school, gli dicevo che doveva esserlo meno, anche se so che un padre non dovrebbe mai dirlo al figlio». Grande capacità di comunicazione, Dan Crawford era rispettato dai giocatori, perché dialogava con loro spiegando anche le chiamate più difficili. «Il livello degli arbitri italiani è alto e, se anche non lo fosse, non parlerei mai male della categoria, noi arbitri ed ex-arbitri siamo un grande clan. Credo solo che l’aspetto più importante sia il dialogo aperto tra giocatori ed arbitro, senza che nessuna delle due parti si arrocchi sulla propria posizione» dice. Vive a Naperville, non lontano da Chicago, si prende cura del suo giardino e quando gli chiedo se gli manca il basket, risponde: «Assolutamente no, dopo centinaia di viaggi aerei e dopo aver vissuto in pratica anni della mia vita in stanze d’albergo, non mi manca nulla di tutto questo, voglio solo fare quello che mi piace, godermi la vita e seguire la carriera di mio figlio».