Fonte: Corriere Adriatico di Pesaro
Matteo Boniciolli parla dal ritiro della squadra, per una salvezza da ottenere a tutti i costi:
«Ho trovato da un punto di vista societario un gruppo di lavoro di straordinaria qualità, che mette noi nelle condizioni di svolgere il nostro mestiere al meglio. Questa è la mia tredicesima squadra, ho allenato in Eurolega, Eurocup, Eurochallenge e qui siamo a livello dei migliori, è una grande garanzia-l’incipit di Matteo Boniciolli – Per quanto riguarda la classifica, chiunque di noi avrebbe firmato per trovarsi a nove giornate dalla fine con un quadro del genere».
Caso Nunnally
«La retrocessione potrebbe essere determinata dal 20-0 di Pistoia su Milano. Questo è il campionato del tweet, quello di Nunnally di due anni fa che ha comportato la sua squalifica emersa dopo il suo tesseramento e la presenza in campo, non prima. Vorrei che non ce ne dimenticassimo. In Germania e in Francia non sarebbe successo, in Italia sì e me ne dispiaccio profondarli ente»
Un problema
«Abbiamo un grande problema. La squadra si allena molto, è un gruppo di brave persone che non riesce a convertire sul parquet quello che fa settimanalmente. Quando sul campo accade un fatto negativo si va in confusione. Sto interpretando questa mia permanenza pesarese come una sorta di lotta contro il tempo. Continuiamo a commettere errori ingenui, subiamo dei crolli improvvisi che non credo siano addebitabili solo a un roster piuttosto corto. L’identità è fragile e in queste ultime gare il supporto del pubblico può risultare particolarmente pesante. C’è solidarietà per chi qui ha visto Bianchini e Bucci, Daye e Cook e oggi si trova noi, capisco che si lamenti. Ora stiamo tutti cercando di mantenere Pesaro in Serie A, sperando che magari domani un’azienda locale decida di succedere alla famiglia Scavolini nella proprietà e ridare alla città lo splendore che merita».
Indispensabile la serie A
«È indispensabile che la piazza rimanga in A, mi auguro di completare il mio compito e andarmene lasciando la Vuelle dove l’ho trovata sennò correrò il rischio di impazzire. Il mio incarico è a termine, non ho detto che me ne vado. È giusto che il mio operato venga valutato a bocce ferme»
L’esperienza più complicata
«l’esperienza più complicata della mia vita. Mou-rinho ha avuto una carriera più facile di quella di Gigi Cagni e l’unico caso in cui Trapattoni ha allenato una squadra scarsa è durato quattro mesi. Il materiale umano a disposizione è fondamentale, qui non è di primissima fascia. L’ultima volta che ho lottato per la salvezza è stato undici anni fa ad Avellino, che nell’arco di un anno solare è passata dal ripescaggio in A all’Eurolega, può succedere. Sto facendo uno sforzo su me stesso che mi costa qualche pia-dina in più, non perdevo cinque gare consecutive da un po’».