Il titolo può sembrare una maledizione sportiva, ma se la vediamo dalla prospettiva giusta anche iniziare “any given game” dalla panchina può rappresentare una fortuna per la carriera di un giocatore. Per Lou Williams è stato proprio così, i suoi 14 anni nella NBA sono stati scanditi dall’attesa sul “pino” del momento in cui l’allenatore decideva di chiamarlo per dare una scossa alla partita.
Nella partita del 12 marzo contro Boston, “Sweet Lou” è diventato il miglior marcatore ogni epoca tra coloro che iniziano la partita dalla panchina. Con 34 punti ha superato Dell Curry e i suoi 11153 punti, detronizzando il padre di Steph dal primo posto di questa speciale graduatoria. A parte la sorpresa che ci sia una classifica per questa categoria, il traguardo raggiunto da Williams è il giusto riconoscimento per uno dei più importanti interpreti del delicatissimo ruolo di Sesto Uomo. Un ruolo inventato da Red Auerbach con Jack Ramsey, e innalzato a livelli assoluti da interpreti come John Havlicek, Kevin McHale, Michael Cooper, Vinnie “The Microwave” Johnson. Nessun giocatore, men che mai un giocatore professionista, gradisce molto non partire in quintetto, ma nella NBA si dice che “l’importante non è iniziare le partite, ma finirle”. Si, perché essere in campo nei momenti cruciali, quando si decidono le partite e ogni possesso è determinante per il risultato finale, significa essere un giocatore vero, un giocatore che innalza il proprio rendimento sotto pressione. E Lou è proprio quel giocatore, freddissimo nei finali di partita, mortifero con il suo tiro in sospensione, diabolico nel cogliere le debolezze delle difese avversarie.
Non è sempre stato così, la sua carriera ha vissuto anche anni meno felici e scintillanti. Nel 2005 Lou era uno dei liceali più in vista del paese: McDonald’s All American, cercato da tutte le università, sicuro di se. Talmente sicuro che decise di saltare il college e dichiararsi per il Draft. Era la NBA dei primi anni 2000, quella in cui dominava Shaq, i centri erano importanti, il gioco era decisamente più fisico, i ruoli erano più rigidi e tradizionali, e quindi non fu una sorpresa che un diciottenne troppo basso e magro per giocare guardia, e senza visione di gioco per giocare playmaker, scivolasse al secondo giro del Draft (scelta numero 45, per la precisione). La sua carriera iniziò a Philadelphia, la squadra del suo idolo Allen Iverson, tanto simile a lui fisicamente che diventò da subito per Williams un esempio da seguire e imitare. “Almeno l’ 80% del mio gioco è ispirato da Allen”, le parole di Lou valgono più di cento filmati.
Nei primi anni il sogno di giocare nella Lega assomigliò più a un incubo: il minutaggio scarso, la difficile ricostruzione del post Iverson, il roster con le “Porte girevoli”. Ma poi qualcosa cambiò, Lou trovò spazio nella rotazione di Maurice Cheeks, il suo impatto crebbe anno dopo anno, partita dopo partita, e incrementò in ognuna delle prime cinque stagioni la media punti (da 1,9 a 14). La svolta avvenne nel campionato 2009/10 quando i Sixers riabbracciarono Iverson, il “figliol prodigo” tornato nella “Città dell’Amore Fraterno” dopo le deludenti esperienze a Denver e Detroit. Per far spazio a “The Answer” coach Eddie Jordan decise di retrocedere Lou in panchina e tramutarlo in un sesto uomo. “Non è stato facile, all’inizio cercavo di dimostrare che il coach aveva sbagliato e che meritavo di tornare in quintetto. Ma poi ho capito e mi sono adattato al nuovo ruolo”.
Da allora il suo ruolo è stato quello di sesto uomo “di lusso”, un titolare che solo per scelta tattica parte seduto accanto all’allenatore. Ormai, ogni squadra ha un giocatore del genere a cui affidare le responsabilità offensive della second unit, e Williams è sempre stato una garanzia in tutte le squadre in cui ha militato. Il record del 12 marzo si somma a tanti altri traguardi unico per una “riserva”: la media punti in carriera più alta in carriera (20,2), due premi di “Sixth Man of the Year”, le 28 partite con almeno 30 punti a referto.
Le cifre confermano quello che il campo ha in tutti questi anni: Lou Williams è uno dei più grandi Sixth Man di tutti tempi, anzi la più grande se guardiamo le statistiche.