Sei maggio 2012, diciassette giugno 2019. Nel mezzo un’attesa di sette anni, un mese e undici giorni. Grazie alla vittoria in gara-3 contro Capo d’Orlando, la De’ Longhi Treviso torna in Serie A, un palcoscenico che, al PalaVerde, manca da tutto questo tempo. Dopo la Fortitudo Bologna e Roma, torna nel massimo campionato un’altra piazza storica della pallacanestro italiana, ossia quella che, targata Benetton, è stata grandissima protagonista per almeno due decenni: in cinquantotto anni di storia, fino al 2012, nella Marca sono arrivati cinque scudetti, otto coppe Italia, quattro Supercoppe e due Coppe Saporta, senza dimenticare le quattro partecipazioni alla Final Four di Eurolega. Dopo la fase dell’oro, però, ecco la caduta nel baratro: Gilberto Benetton abbandona e Treviso si trova senza l’artefice più grande di quei successi, costretta ad alzare bandiera bianca e a ricominciare quasi da zero.
DALLA PROMOZIONE ALLA…PROMOZIONE! – Perdonateci il gioco di parole, ma in quell’estate del 2012 la storia trevigiana è ripartita proprio da lì, il campionato regionale di Promozione, vinto, nemmeno a dirlo, al primo colpo. La rinascita dei veneti è figlia di un amore sviscerato di alcuni dei suoi figli come Pittis e Coldebella, che rifondano la società con la presidenza subito accettata da un altro ex come Paolo Vazzoler, o come Iacopini che, insieme a pedine storiche come Minto, Nicevic, e lo stesso Ricky, si sono rimessi la canotta pur di aiutare Treviso. E negli anni successivi la De’ Longhi si ritrova prima in DNB grazie a una wild card, e poi in A2 Silver acquisendo il titolo del Basket Nord Barese. Un’ascesa fragorosa che è culminata, nel 2014-2015, nella vittoria dello stesso campionato che vale il ritorno in quella che diventerà l’A2 unica, guidata da un maestro delle promozioni come Stefano Pillastrini e dalla lungimiranza di Vazzoler e un direttore sportivo (anche lui figlio di Treviso) come Andrea Gracis. Tanti campionati di vertice mai terminati con il grande salto portano la De’Longhi a salutare il condottiero di Cervia per affidarsi a chi, con umiltà, è sceso al piano di sotto per portare a termine l’opera, quel Max Menetti che l’A2 l’ha già vinta con Reggio Emilia.
MISSIONE SERIE A – Che Vazzoler e Gracis vogliano il colpo grosso lo si capisce subito quest’estate, prima con la firma di Menetti, poi con l’acquisto di alcuni pezzi da novanta come Chillo, Tessitori e Burnett, altro ago della bilancia con il suo mix di talento e poliedricità che tanto si addice a un sistema, oltre agli approdi di pedine tattiche fondamentali come Uglietti e Alviti; senza dimenticare il vero colpo, quel Giovanni Tomassini che doveva essere il sostituto di Fantinelli, ma che di fatto non ha mai calcato il parquet per colpa della rottura del crociato patita nella finale dello scorso anno. Anche per questo, forse, oltre ai problemi di Wayns, Treviso inizialmente ha fatto molta fatica, abbandonando abbastanza presto la corsa per la promozione diretta. Ma nessuno ha mai smesso di crederci, specialmente la società. E a febbraio ecco i due colpi che rendono Treviso un’armata quasi imbattibile: da un lato la duttilità e il lavoro invisibile di Luca Severini, dall’altro il talento infinito di David Logan.
L’EROE BIANCAZZURRO – All’ex Sassari, evidentemente, quei colori portano bene: dopo lo scudetto in Sardegna da dominatore assoluto, ecco la promozione con un ruolo ancor più importante. Se Treviso è diventata questa macchina difficilissima da contrastare è proprio merito suo: da un lato Logan si è messo a disposizione calandosi nella realtà e migliorando anche i compagni, dall’altro, nei momenti cruciali, è entrato in modalità “agente in missione” dominando in lungo e in largo. Come nella decisiva gara-3, dove la sua voglia di vincere e di chiudere immediatamente il discorso l’ha portato a siglare una prestazione da 36 punti mettendo in mostra tutto il suo repertorio. Decisivo qui, come in Coppa Italia. Sì perché prima della promozione, Treviso aveva messo in bacheca anche quella battendo la Fortitudo in quello che è stato il vero e proprio test per rodare il nuovo assetto della squadra.
LA MANO DI MENETTI – Merito alla squadra, ma merito anche a Max Menetti. Da un lato per come ha affrontato questa avventura, dall’altro per come ha plasmato i suoi giocatori applicando le sue idee e vincendo con quelle. Treviso è stata una schiacciasassi che, specialmente in finale, ha vinto con le sue armi: un attacco efficace e ricco di bocche da fuoco, ben guidato da Logan e da capitan Imbrò, cresciuto esponenzialmente anche in regia e nelle scelte, e una difesa che ha tenuto Capo d’Orlando a soli 64 punti di media contro i 91 che realizzava prima dell’ultimo atto. Una vittoria voluta e centrata, nonostante, come detto, qualche scelta, nonostante la perdita di Lombardi nel primo turno di playoff. Ma la voglia di una città era la stessa della società, del tecnico e della squadra. E allora non ci resta che dire bentornata Treviso!