Sono passati già trenta anni dall’uscita nelle sale di “Do the Right Thing”, l’immortale film che ha messo sulla mappa dei grandi film-maker Shelton Jackson Lee, in arte Spike Lee. Oltre a essere uno dei più apprezzati e influenti registi del cinema americano, Spike è anche il tifoso più riconoscibile dei Knicks; impossibile dimenticare i suoi siparietti con Reggie Miller e le sue “mise” omaggianti John Starks, Latrell Sprewell oppure gli altri grandi del passato.
Chissà cosa pensa il “tifoso” Lee delle operazioni concluse dai suoi amati Knicks: avranno fatto la “cosa giusta”? Nei piani della dirigenza, e ancor di più nei sogni dei tifosi, questa doveva essere l’estate della rinascita: il Draft avrebbe regalato Zion Wiliamson, dalla free agency sarebbero arrivati Kevin Durant e Kyrie Irving, e la squadra avrebbe potuto inseguire il titolo NBA che manca ormai dal 1973, a maggior ragione se Zion fosse stato scambiato per Anthony Davis.
Purtroppo non è andata proprio così. Se le palline hanno procurato un’enorme delusione – facendo scendere New York alla numero 3 – il mercato degli “agenti liberi” ha inflitto anche dolori più atroci. Reggie Bullock, Wayne Ellington, Taj Gibson, Bobby Portis, Elfrid Payton, Julius Randle. Questi i colpi messi a segno dal management. In sintesi, due specialisti del tiro dalla distanza, due onesti “lunghi” (di cui uno con qualche problema comportamentale), una point-guard mai completamente sbocciata. E Randle, l’unico nuovo arrivo che sembra avere il talento e l’intensità necessaria per essere apprezzato dal pubblico.
Un pò poco per risollevare il morale dei tifosi di New York, e per scatenare l’entusiasmo dall’esigente Madison Square Garden. Se ciò non bastasse, a peggiorare le cose ci sono i successi di Brooklyn: prima la qualificazione ai Playoffs, e adesso l’accoppiata Durant- Irving che aveva popolato per tutto l’inverno i sogni dei tifosi dei Knicks. Uno smacco importante per una delle franchigie storiche della NBA che, incredibile a dirsi, vede la sua supremazia cittadina in discussione.
Attenzione, però, a valutare con leggerezza il mercato dei Knicks. I contratti dei giocatori acquisiti hanno una durata biennale e, oltretutto, prevedono l’opzione di uscita anticipata a favore di New York. Il solo Randle ha un “inchiostrato” un triennale ma, anche in questo caso, sembra ci sia una team option per la stagione 2021/22. Quindi, in sostanza, i Knicks hanno solo spostato il loro piano di rinascita in avanti di 12 o, molto più probabilmente, di 24 mesi, quando potrebbero essere disponibili sul mercato Draymond Green, Andre Drummond, DeMar DeRozan (estate 2020) oppure Bradley Beal, Blake Griffin, Rudy Gobert, C.J. McCollum e, soprattutto, Giannis Antetokounmpo (estate 2021). Un disegno preciso che nasce dalla constatazione di non avere “appeal” in questa stagione, e dalla volontà di riprovare tra due anni presentando una squadra resa più competitiva dalla crescita dei vari Kevin Knox, Mitchell Robinson, Randle e Barrett.
Lo spera vivamente Spike Lee che, anche se “brooklynese” DOC, non potrebbe sopportare l’onta della retrocessione dei suoi Knicks a seconda squadra cittadina.