Prima dell’accoppiata Anthony Davis-DeMarcus Cousins e David Robinson-Tim Duncan le “Twin Towers” dell’NBA, quelle originali, erano loro due: Hakeem Olajuwon e Ralph Sampson.
Questo particolare nomignolo lo avevano ricevuto per via delle loro stature eccezionali, 224 centimetri per Ralph e 213 per Hakeem, e da quel momento in poi è stato utilizzato per le coppie di giocatori sotto canestro di statura notevole.
Erano i favolosi anni ’80, quelli in cui noi italiani scoprivamo la NBA per la prima volta, grazie alle telecronache su Italia1 di Dan Peterso, che ci facevano sognare un mondo che, prima della globalizzazione, sembrava irragiungibile.
A quei tempi il basket americano era dominato dalla rivalità tra i Los Angeles Lakers e i Boston Celtics e, soprattutto, tra Earvin “Magic” Johnson da una parte, e Larry Bird dall’altra.
Il dominio di queste due squadre era pressoché totale e, durante i playoffs del 1986, sembrava ormai scontato che la finale sarebbe stata, per il terzo anno consecutivo, affare tra di loro.
Probabilmente sarebbe stato questo l’epilogo, se i Los Angeles Lakers non fossero incappati, in finale di conference, negli Houston Rockets.
Squadra talentuosissima ma sfortunata, che non riuscì a raggiungere la grandezza che le sarebbe spettata a causa di infortuni, problemi di droga e di spogliatoio.
La serie era iniziata con la prevedibile vittoria dei Lakers in gara 1, ma poi la squadra di Los Angeles perse, inaspettatamente, gara 2 (e con essa il fattore campo) e le due successive gare a Houston, trovandosi così in gara 5 con l’acqua alla gola.
Era il 21 Maggio del 1986 e l’incontro si giocava nel mirico Forum di Los Angeles.
I Lakers partirono bene nel primo quarto, quasi a volersi togliere subito l’inaspettato disturbo.
Non fecero i conti con i tenaci Rockets, che non permisero loro di scappare nel punteggio, rimanendo aggrappati alla partita, arrivando al finale punto a punto.
Quando, a 37 secondi dalla fine, Magic aveva appena messo a segno un tiro in sospensione che regalava il più tre alla sua squadra, la partita sembrava ormai nelle mani della squadra di Los Angeles.
Fu in quel momento che avvenne l’incredibile, in un rocambolesco finale.
I Rockets tentarono una conclusione da tre per pareggiare che andò fuori, ma riuscirono letteralmente a strappare dalle mani dei Lakers il rimbalzo e, nell’azione che ne nacque, Robert Reid stavolta imbucò il tiro da tre del pareggio a soli 15 secondi dalla fine.
I Lakers fecero scorrere il cronometro per avere loro l’ultimo tiro, ma Byron Scott fallì il jumper e i Rockets, che avevano preso il rimbalzo, chiamarono time-out a un secondo dalla fine.
Quel che seguì è ormai leggenda.
Ralph Sampson, marcato durissimo da Kareem Abdul Jabbar, ricevette la rimessa in salto e tirò direttamente al volo avvitandosì su se stesso e la palla, dopo aver rimbalzato sul ferro, entrò incredibilmente!
Gli spettatori del Forum erano scioccati, come pure i giocatori dei Lakers. Michael Cooper si accasciò a terra, con le mani sulla testa, disperato, mentre i giocatori dei Rockets, impazziti dalla gioia, saltavano su e giù in campo.
Magic, dopo un attimo iniziale di stordimento, con un gran sorriso andò ad abbracciare Sampson, congratulandosi.
Houston si era appena guadagnata, contro ogni previsione, l’accesso alle Finals, dove avrebbe dovuto incontrare i temibili Boston Celtics.
In finale non si ripetè il miracolo. I Celtics di Larry Bird, Kevin McHale, Robert Parish, Dennis Johnson e Bill Walton erano davvero troppo forti per chiunque quell’anno.
Con rammarico si erano visti scippati la possibilità di vendicare la sconfitta subita dai Lakers nelle “Finals” dell’anno precedente.
La serie si concluse 4-2 per Boston e, pur vincendo due partite, i Rockets non diedero mai l’impressione di potercela fare.
A Boston Sampson fu fischiatissimo, dopo aver rifilato, in gara 5, un terribile cazzotto al piccolo Jerry Sichting, che gli rendeva almeno 40 centimetri di statura.
Una bambola con la sua maglia penzolava impiccata dalle gradinate del mitico vecchio Boston Garden, a quei tempi non certo un ambientino tranquillo dove andare a giocare.
Nessuno avrebbe potuto indovinare che quel gruppo, giovane e talentuoso, eliminando i Lakers aveva già raggiunto il suo apice.
Sampson nelle stagioni successive, a causa di continui infortuni alle ginocchia cominciò un rapidissimo declino come giocatore.
Nel 1988 fu scambiato ai Golden State Warriors e concluse mestamente la sua carriera NBA nel ’92, a Washington, dopo solo 10 gare giocate.
Inoltre, durante quelle finali contro i Celtics, i due giocatori dei Rockets Lewis Lloyd e Mitchell Wiggins furono trovati positivi alla cocaina in un test anti droga e squalificati per due anni e mezzo.
Quella che avrebbe potuto essere una dinastia vincente non riuscì mai ad affermarsi.
Holajuwon diventò invece la leggenda del basket che tutti conosciamo, rimanendo a Houston per molti anni ancora e vincendo due titoli consecutivi negli anni ’90, approfittando del momentaneo ritiro di Michael Jordan per interrompere lo strapotere dei Chicago Bulls.
Quelle finali dell’86 decretarono l’inizio della fine anche per i vincitori, gli incredibili Boston Celtics del 1986, da molti considerati la migliore squadra di sempre.
Pochi giorni dopo la vittoria del titolo, morì, per overdose, il fenomenale Len Bias, appena preso al draft, che avrebbe dovuto diventare la stella dei Celtics del futuro.
Da quel momento in poi una serie continua di infortuni, colpi di sfortuna e scelte sbagliate portò la squadra di Boston a un rapido declino che sarebbe sfociato in una notte lunga quasi 20 anni.
Ma questa è un’altra storia…