In questa estenuante attesa per la nuova stagione, anche i media americani trovano difficile mantenere l’interesse degli appassionati. Per questo, un seguitissimo sito sportivo USA ha cercato di svegliare dal torpore tifosi e addetti ai lavori provando a stilare la classifica dei migliori 50 giocatori NBA di tutti i tempi.
Un esercizio difficile perché cerca di confrontare oltre mezzo secolo di basket, cercando di sintetizzare le diversità riguardanti l’atletismo, le metodologie di allenamento, le regole e tanti altri aspetti. Per questo, anche se ci sono statistiche per conferire una certa obiettività alle scelte, la graduatoria è intrisa di un’abbondante soggettività che si presta a ovvie polemiche e recriminazioni.
Proviamo a scorrerla, non certo per confutare o meno le scelte, ma per provare a evidenziarne alcune decisioni per lo meno curiose.
Il “quintetto base” è composto, nell’ordine, da Michael Jordan, LeBron James, Kareem Abdul-Jabbar, “Magic” Johnson, Larry Bird.
Certo, qualcuno potrebbe obiettare sulla mancanza di Bill Russell (8), il più vincente giocatore della storia, di Wilt Chamberlain (9), il rivale di Bill e la più macchina da canestri di sempre, ma quei cinque sono decisamente grandissimi giocatori che hanno trasceso l’epoca in cui hanno giocato, oppure di Oscar Robertson (11), il primo “all around player” della storia.
Dopo i primi cinque, Shaq (6), Tim Duncan (7) e Steph Curry (10) sono meritatamente nella Top 10, ma quando David Robinson (12) appare davanti a Hakeem Olajuwon (13), ecco che affiorano le prime perplessità perché non si tratta più di soggettività. Senza essere irrispettosi verso l’ “Ammiraglio”, ma la serie dei Playoffs del 1995, nella quale “The Dream” abusò senza pietà dei Robinson, sembra una prova inequivocabile della superiorità del nigeriano.
Ma niente è paragonabile a quello che deve aver provato Allen Iverson (MVP del 2001, addirittura escluso), e soprattutto Isiah Thomas quando si è visto associato a un improbabile numero 47. Prima di lui, solo per citarne alcuni, Clyde “The Glide” Drexler (32), Patrick Ewing (38), Reggie Miller (43), Ray Allen (44), Pau Gasol (46), e tra le point guard Chris Paul (28), Jason Kidd (33), Russell Westbrook (36).
Ovviamente, Thomas non l’ha presa bene e ha sfogato il suo “scetticismo” a Twitter, dove ha fatto notare il suo record di 30-25 nelle sfide di Playoffs con “il migliore di tutti i tempi”, prima di classificare la graduatoria in modo poco edulcorato.
Tralasciando i massi, non i sassolini, che l’ex Detroit ha voluto togliersi, è difficile non concordare con la sua sorpresa e frustrazione. Forse Thomas paga l’essere un giocatore di quasi (accidenti) trenta anni fa, ma come ci ha raccontato un “certo” avvocato in una favolosa retrospettiva apparsa sui teleschermi qualche anno fa, “Zeke” è stato uno dei padroni della NBA dalla metà degli anni anni 80 assieme a “Magic” e Bird. Con i suoi Pistons ha vinto due titoli (1989 e 1990), ne ha sfiorato un altro (1988), è stato nominato MVP delle Finals nel 1990, due volte dell’All Star Game (quando era una partita seria), è stato All NBA più volte, ha guidato la classifica degli assists nel 1985, è ottavo nella classifica “all time” delle assistenze, e nel 1997 era a Cleveland a festeggiare assieme alle altre leggende nominate come i migliori giocatori dei primi cinquant’anni della lega. Insomma, difficile vederlo confinato ai margini di questa classifica.
Ma la verità, forse, è che si dà troppa importanza a certi esercizi che hanno poco a vedere con la realtà molto con l’attenzione e l’interesse da richiamare in mesi di noia.