Udonis Haslem, Chris Bosh, LeBron James, Dwyane Wade e Mario Chalmers; in panchina Ray Allen. Questa era la squadra che entrava in campo (salvo contrattempi) nell’anno di grazia 2013, quello del terzo titolo conquistato dagli Heat, secondo dell’era “big three”. E’ stata anche l’ultima volta in cui la franchigia ha iniziato una stagione con un 4-1, almeno sino alla notte di Halloween del 2019. Si, è chiaro, 5 partite sarebbero poco o nulla anche in campionati in cui non si gioca un giorno si e uno no per sei mesi, ma è comunque un risultato sopra le aspettative e che fa ben sperare per il prossimo futuro, specie considerando che una delle vittorie è arrivata contro Milwaukee, tra le favorite per il titolo, quantomeno di Conference, e che il “pezzo da novanta” Jimmy Butler ha contribuito poco o nulla, assente per i primi tre incontri e ancora “imballato” negli ultimi due. Prima di addentrarci nella cronaca una doversosa premessa: al momento di scrivere questo articolo non è ancora stata giocata la partita della notte contro gli Houston Rockets, test significativo che metterà qualche altra tessera nel puzzle.
Miami si è approcciata a questo torneo con discrete aspettative, certamente quelle di raggiungere i playoffs: buon mix di esperienza (Dragic, lo stesso Butler, Olynyk) e giovani (Winslow, Adebayo ed il rookie Tyler Herro), era accreditata di buone possibilità per migliorare il record non esaltante del 2019 (39-43 e niente lasciapassare per la postseason).
Butler, in particolare, è stato il vero “colpo” di Pat Riley, da cinque lustri ormai alla guida del front office: in barba alla tendenza del momento, quella che vede i campioni muoversi come un gruppo di “pulcini” in un campo calcistico di periferia (tutti insieme dietro alla palla questi, tutti nella stessa franchigia i primi), Jimmy ha lasciato il porto sicuro di Philadelphia per abbracciare la scommessa-Heat, dove di stelle non c’era nemmeno l’ombra.
Le sorprese, sinora, sono state tuttavia i rookie Kendrick Nunn e Tyler Herro; il primo, guardia di 24 anni, sembra essere uno di quei miracoli che rendono la pallacanestro uno sport unico: “undrafted” nel 2018 e reduce da una stagione in G League ha fatto il suo debutto da titolare il 23 ottobre contro i Memphis Grizzlies, mettendone 24 (ma già in preseason ne aveva inflitti 40 ai Rockets)…la fortuna del principiante, si sarebbe detto, non fosse che tre giorni dopo si è ripetuto con 18 ai Bucks, poi ancora 25 ai T’Wolves e 45 (17+28) in due gare agli Hawks. attualmente viaggia a 22.4 di media (ventunesimo assoluto nella lega) con un irreale 48.4% dalla linea dei tre punti. Senza voler fare paragoni azzardati e considerando la possibilità che si tratti di un exploit isolato come fu la Lin-mania di New York nel 2011, Allen Iverson e LeBron James ebbero un inizio di carriera peggiore. Anzi, a voler essere precisi, quasi tutti ebbero un inizio di carriera peggiore: Nunn occupa ad oggi il terzo gradino del podio per la migliore partenza di sempre di un rookie, dietro a due signori che rispondono ai nomi di Jerry Stackhouse e Kevin Durant.
Da parte sua, Herro, ex Wildcat (pescate da Kentucky ed in linea di massima non ve ne pentirete), dichiaratosi per il draft dopo un solo anno di college aveva già fatto alzare più di un sopracciglio in occasione della summer league, chiusa ad oltre venti punti per ogni ingresso in campo. Certo, il basket, da ottobre in poi è un’altra cosa e i soli 19 anni del ragazzo facevano presagire un ottimo futuro ma tempi di crescita adeguati…invece Tyler ha bruciato le tappe segnando 14 punti al debutto, terminando in doppia cifra 4 volte su 5 e soprattutto mettendone 29 nella vittoria contro Atlanta del 29/10 scorso, con il contorno di un 3/4 da oltre l’arco e 7 rimbalzi. In questo primo, parzialissimo segmento di stagione ha timbrato 16.4 di media e quasi 6 rimbalzi (dall’ “alto” del suo metro e novantasei). Inutile dire che se i due novellini confermeranno quanto di buono mostrato sinora, le possibilità di un piazzamento onorevolissimo ad Aprile saranno per gli Heat piuttosto elevate.
Lo straordinario apporto del reparto/guardie è completato da Goran Dragic, sesto uomo di lusso da 16.4 ad allacciata di scarpe e, se torniamo alla “linea verde” non possiamo dimenticare il centro Bam Adebayo, che rispetto al torneo 2018/19 ha sinora quasi raddoppiato la produttività offensiva flirtando con la doppia cifra alla voce “rimbalzi”.
In attesa del miglior Butler e se il buongiorno si vede dal mattino può essere che il sole, in Florida, sia spuntato con qualche stagione di anticipo rispetto a quanto ci si sarebbe aspettati.