Disastro a Miami: buio pesto fin da subito per Houston, primo quarto da 14 a 46 e difesa inesistente…dopo dodici minuti la partita si è già tramutata in un lurgo “garbage time”, mentre la faccia di coach Mike D’Antoni esprime tutto il disgusto e la sofferenza di un uomo sempre più solo. Il punteggio finale, per la cronaca, dice 129 a 100 Miami, un risultato che potrebbe aumentare ulteriormente gli attriti tra D’Antoni ed il front office…
Perchè a questo punto non ci si può più nascondere dietro a un dito: dagli Houston Rockets ci si aspettava di più. E’ chiaro che la stagione è ancora giovane e che un pugno di partite rappresentano un campione decisamente ridotto per stilare giudizi definitivi, ma i tifosi texani al momento sono piuttosto perplessi perché quello che stanno vedendo non è ciò che si attendevano. La “reunion” tra James Harden e Russell Westbrook, se da un lato ha portato un’impennata nelle statistiche offensive, finora ha anche mostrato il suo lato oscuro, quello di una difesa che definire porosa sarebbe eufemistico. I Rockets hanno segnato 111 o più punti in ogni gara (a parte l’ultima) toccando quota 159 nella visita ai Washington Wizards, ma ne hanno subiti oltre 126 di media. Il vecchio detto “gli attacchi vendono i biglietti ma sono le difese a vincere i titoli” è trito e ritrito e lo lasceremo nel cassetto, resta però il fatto che nelle prime sei partite, oltre a perdere tre volte, hanno rischiato grosso in ognuna delle vittorie, ottenute con quattro, tre e un punto di scarto.
Westbrook e Harden stanno girando a pieno ritmo (a parte l’ultima di “Russ” in Florida), ma l’attacco si poggia anche su Clint Capela, su P.J. Tucker, sul sorprendente Danuel House e sul “solito” Eric Gordon (che però è in crisi al tiro). L’attacco è brillante, non ci sono dubbi, un po’ meno – come detto – lo è una difesa che concede 115.9 punti di media ogni 100 possessi, penultima nell’NBA alle spalle di Golden State. I Warriors però qualche giustificazione ce l’hanno, nel momento in cui tentano di ringiovanirsi mentre allo stesso tempo devono gestire gli infortuni a Klay Thompson e ora a Steph Curry: Houston invece non ha scuse, il roster è al completo (infortunio di Nené Hilario a parte) e la difesa è peggiorata di quasi sei punti (e di 12 posizioni in classifica) rispetto alla stagione scorsa.
La domanda che si pongono tutti è: se i 35 punti e mezzo di media di Harden e la tripla doppia di media (21.6 punti, 9.8 rimbalzi e 9.2 assist) di Westbrook non sono sufficienti a dominare l’inizio di stagione, a che punto si dovrà spingere il “Seven Seconds or Less” di Mike D’Antoni? Quand’è che una parvenza di difesa permetterà ai Rockets di trarre vantaggio dall’enorme potenziale offensivo?
La proprietà non è soddisfatta della situazione e voci di corridoio dicono che le sconfitte impreviste stiano irritando il proprietario Tilman Fertitta. Fertitta nel corso dell’estate aveva già dato sfogo al suo malumore licenziando gran parte del coaching staff di D’Antoni e da quel momento il rapporto tra il front office ed il coach è oggetto di speculazioni, visto il mancato rinnovo del contratto che è in scadenza alla fine della stagione.
Ma sono tutte speculazioni, “rumor” che potrebbero distrarre una squadra già in leggera difficoltà. Per ora la Western Conference è aperta a ogni risultato, nessuna squadra è riuscita a mantenere l’imbattibilità e quindi la testa della classifica per i Rockets è ancora a portata di mano. Ma è chiaro che per lottare contro le due di Los Angeles e con le altre contender Houston dovrà trovare la quadratura tra alto ritmo e difesa che al momento ancora le sfugge.