Il Giappone è un grande e misterioso paese; se n’era ben accorto il Capitano Nathan Algren, impersonato da Tom Cruise nel film del 2003, “L’ultimo samurai”, alle prese con una cultura del tutto diversa da quella occidentale; se ne erano accorti i marines statunitensi durante la seconda guerra mondiale, di fronte ai tenacissimi soldati nipponici; è chiaro a chiunque abbia la fortuna di visitare quei luoghi, sospesi in continuo e tuttavia tutt’altro che precario equilibrio tra il futuro e il passato.
Nulla ci può ormai sorprendere di quel per noi curioso popolo: la reazione, quando veniamo a conoscenza dei “capsule hotel” (“loculi” con letto nei quali è possibile pernottare) o dei water con bidet incorporato, è quella di sorridere e pensare “eh beh, son giapponesi”. Ecco, nonostante questo, ammettiamolo, la presenza del primo vero atleta del sol levante nella ultra-settantennale storia della NBA è un fatto che non può lasciare indifferenti; “vero” perchè un paio di giocatori, J.R. Sakuragi e Nick Fazekas avevano già “bazzicato” quei lidi, ma si trattava di più o meno avventurose naturalizzazioni. Per i “non più ragazzi” degli anni ’80, “basket giapponese” significava la popolare serie animata “Slam Dunk”, null’altro…invece quest’anno, Rui Hachimura ha messo un’altra bandierina nel planisfero delle nazionalità che hanno popolato e popolano il campionato più bello del mondo. Non viene dal nulla, va detto: classe 1998, nel 2016, dopo una promettente ma abortita esperienza con il baseball (quello si, popolarissimo nella sua terra) ed abbracciata la palla a spicchi, si è trasferito negli USA per giocare il basket universitario, con i Bulldogs di Gonzaga (la casa che fu di John Stockton); dopo un anno di acclimatamento, anche culturale e soprattutto linguistico, i risultati hanno cominciato ad arrivare: durante il torneo 2017/18, 11.6 punti e 4.7 rimbalzi di media, cifre lievitate a, rispettivamente, 19.7 e 6.5 l’anno successivo. Una volta dichiaratosi per il draft del 2019, era chiaro che non avrebbe passato troppo tempo seduto aspettando qualcuno che chiamasse il suo nome: ci hanno pensato i Washington Wizards a farlo proprio, al primo giro con la pick numero 9.
Messo il primo piede nella NBA, il lavoro è appena all’inizio: occorre dimostrare di poter stare in quel mondo, magari di poter uscire dal gruppo di “giocatori qualsiasi”…ebbene, Rui sembra essere partito decisamente con il piede giusto: fisico potente da 203 centimetri, con notevole “apertura alare” e tuttavia agile, è il prototipo ideale dell’ ala moderna, capace di essere efficace su entrambi i lati del campo…può difendere su più posizioni ed essere prezioso offensivamente grazie ad un tiro dalla media di buona efficacia. Washington non è una squadra di punta e i playoffs, a meno di imperscrutabili miracoli rimarranno un sogno; forse è proprio questo il palcoscenico più adatto per un giovane che deve rodarsi ad alti livelli. Da subito Hachimura ha avuto parecchi minuti a disposizione, per merito suo, certo, ma anche a causa dei molti infortuni che stanno affliggendo la squadra. Da subito ha sfoderato numeri di tutto rispetto: alla quarta partita di regular season, contro i Rockets ha messo a segno il primo “ventello” (23 punti, per la precisione), ripetendosi in casa contro i Cavs e poi a Boston (21 in entrambe le occasioni). Non si è trattato di un fuoco di paglia, perchè dopo 20 gare giocate si mantiene sopra i 14 punti, cui aggiunge quasi 6 rimbalzi, l’86% ai liberi e il 50% dal campo…ed anzi, nel mese di Dicembre sembra aver ulteriormente cambiato marcia, con i 30 punti ai Clippers e i 27 ai Sixers. Ovvio, deve crescere, quel tiro da tre che aveva fatto ben sperare durante l’ultimo anno di college proprio non riesce ad entrare (si viaggia poco oltre il 20%), ma se il buongiorno si vede dal mattino, il sol levante potrebbe restare a picco sulla NBA per parecchio tempo.