Più di tre mesi dopo dalla sua firma per la Reyer Venezia, Andrew Goudelock è tornato in campo e punta ad arrivare in forma per la fase decisiva della stagione. Il suo rendimento sarà fondamentale per permettere all’Umana di fare un salto di qualità in termini di pericolosità offensiva. Intervistato da Michele Contessa de La Nuova di Venezia e Mestre, l’ex Lakers ha parlato delle sue sensazioni dopo uno stop durato più di un anno:
“Il cammino è stato molto lungo con tanto lavoro e tanto sacrificio, ma soprattutto tanta pazienza. Anche quando sono arrivato a Venezia, è stato un percorso duro. È stato bellissimo tornare sul parquet per giocare, dopo un anno di inattività. Ho avvertito sensazioni strane perché non mi sono mai trovato in una situazione simile. Ho cercato nei primi minuti di non pensare al ginocchio, a parte un paio di situazioni, non ho mai avuto pensieri che non fossero relativi al gioco. Faccio il professionista da 13 anni e conosco le dinamiche di questo sport, ma già dai primi allenamenti con la squadra ho ripreso confidenza con il ritmo. Adesso l’obiettivo è ritrovare la condizione migliore, anche se non ho messo una data precisa, questa sta crescendo piano piano. Mi auguro di arrivare all’85% di condizione alla fine della regular season per poi essere al top nei playoff. Oltre alla condizione, voglio anche capire quale sarà il modo migliore per essere utile alla squadra, trovare la chimica con i nuovi compagni e il mio ruolo all’interno del gruppo.”
L’ambiente Reyer:
“Quello che mi ha aiutato di più è stato innanzitutto il modo in cui la Reyer ha creduto in me e sul fatto che potessi ritornare a giocare a basket, poi i compagni e lo staff hanno avuto un ruolo determinante, per come mi hanno accolto e per come mi hanno fatto sentire parte integrante del gruppo dentro e fuori dal campo. Ho iniziato stando fuori, ma la società ha sempre avuto fiducia in me, nelle mie possibilità di ritornare a giocare. L’atmosfera che si è creata attorno a me mi ha aiutato a rendere più facile l’inserimento e anche il mio recupero. L’ambiente della Reyer ha giocato un ruolo determinante.”