“Ogni volta che premo il pulsante dello scatto, è come se conservassi ciò che sta per sparire.” (Henri Cartier-Bresson)
Lo sapeva bene Paul Vathis, nato a Harrisburg Pennsylvania che nel 1946 è entrato a far parte dell’Associated Press. Con la sua macchina fotografica ha immortalato tanti attimi che dopo pochi secondi sono spariti e non si sono mai più ripetuti nel tempo. Come lo scatto Silent Step che ritrae il presidente uscente Dwight Eisenhower e il nuovo capo di stato americano John F. Kennedy, una foto storica che gli è valsa il premio Pulitzer nel 1962. Ma nello stesso anno, Vathis scatta un’altra fotografia che passerà alla storia e che conserva un momento cestitico tra i più importanti.
Nonostante in molti dicano il contrario, il 2 marzo a Herschey, Pennsylvania, le persone sugli spalti erano davvero poche, si sentivano solamente il rumore della palla sul parquet e le parole del commentatore, Dave Zinkoff, che trasmetteva la partita per la radio. Il match è quello tra New York Knickerbockers e Philadelphia Warriors, si gioca in campo neutro perché i secondi, almeno una/due volte l’anno, vanno a giocare nella “città del cioccolato”. Sotto i riflettori, come sempre, c’è Wilt Chamberlain che nelle ultime 5 partite viaggia a 56 punti di media, contornati da serate nel suo locale, tra champagne e ragazze. Wilt inizia segnando 23 punti nel primo quarto e solo 18 nel secondo, siamo già a 41 punti con tutto il secondo tempo da giocare, ma è tutto nella norma, tra terzo e quarto periodo potrebbe decidere di rilassarsi e mantenere la sua media.
Così non è, al rientro sul parquet Chamberlain segna 28 punti, con Imhoff, suo diretto avversario sotto canestro, che è disperato, non sa più cosa inventarsi per difenderlo. I punti sono 69, i Knicks non vogliono entrare nella storia dalla parte sbagliata, ma Wilt è inarrestabile, segna altri 31punti, (36-63/57.1% FG) convertendo tutti i liberi ottenuti (28-32/87.5% FT) – quell’anno ha deciso di batterli dal basso, ma i conviviali ferri del palazzo assorbono tutto. Il radio-cronista inizia il countdown verso la fine dell’ultimo periodo – eightythree, eightyfive, eightyseven – e sul suono della sirena è storia, Wilt Chamberlain segna 100 punti in una partita di stagione regolare NBA (l’unico ad esserci andato vicino è stato Kobe Bryant contro i Raptors con 81). Il giorno seguente, al Madison Square Garden, sempre contro i malcapitati Knicks, Chamberlain si riposa e ne mette a segno solo 58.
Sugli spalti di legno le poche persone sono incredule, sono le uniche ad aver assistito a qualcosa che non si ripeterà più. Abbiamo poche testimonianze di quella partita, il tabellino di Harvey Pollack, la radiocronaca, ma tra gli spettatori quel giorno c’era un papà che aveva portato il figlio Randy a vedere la partita. È Paul Vathis, con la fedele macchinetta al collo capisce che deve catturare un momento che tra poco svanirà nel tempo, allora fa una cosa semplice, si fa dare un foglietto da Pollack, ci scrive sopra il numero dei punti e lo consegna a Wilt, regalando a tutti gli appassionati un’istantanea da incorniciare.