Mancano 39 secondi alla fine dell’overtime, dopo una partita – Atlanta Hawks vs New York Knicks – combattuta fino all’ultimo canestro, quando dalla panca si alza un “giovanotto” di 43 anni, alla sua ventiduesima stagione nella Lega, il pubblico si alza in piedi e gli dedica una standing ovation. Vince Carter sistema la storica numero 15 nei pantaloncini, arriva sulla linea dei 6.75m, riceve da Young e lascia partire una tripla che infiamma la retina e gli spettatori della State Farm Arena.
L’NBA ha da poco annunciato che Rudy Gobert è stato trovato positivo al Covid-19, di conseguenza Silver ha deciso di sospendere la stagione per almeno un mese. In una maniera che nessuno si sarebbe aspettato, la gara da poco conclusa potrebbe essere stata l’ultima in NBA per Vince Carter: “È stato divertente. Se è finita oggi, questo giorno e la fine della stagione, con queste ultime 16 partite, saranno qualcosa di cui si parlerà per molto tempo. Ricorderò sempre questo momento. Almeno ho segnato il mio ultimo canestro. È un ricordo strano ma interessante.” In realtà ha segnato anche un altro canestro, un layup che va contro le leggi della fisica, un layup alla Carter per intenderci.
“Vincredible” è uno dei tanti soprannomi che si è guadagnato a Toronto nel lontano 1998 – dove vince il rookie of the year – come “Vinsanity”, “half man/half amazing”, “flying man”, “air Canada”, tutti collegati alla sua capacità di “camminare in aria”, del resto Carter è uno “skywalker”, si alza in volo, vince la gravità e si porta a casa il ferro. Due anni dopo essere arrivato nella lega vince lo slum dunk contest con una schiacciata più incredibile dell’altra, “it’s over” urla dopo aver preso la palla in volo e averla passata sotto le gambe. I poster si sprecano, Dikembe Mutombo, Alonzo Mourning, Tim Duncan e soprattutto Fredric Weis, centro francese alto 2.18m, che il 25 settembre del 2000, durante le olimpiadi, ha visto passare sopra la sua testa un jet con la scritta Carter sulla canotta. Dagli stessi francesi la schiacciata venne rinominata “le dunk de la mort”.
Carter aveva già annunciato la scorsa estate che questa sarebbe stata la sua ultima stagione nella Lega, che ormai non è più la sua. Gran parte dei suoi compagni ha appeso la canotta al chiodo da tempo, Tim Duncan, Tracy McGrady, Dirk Nowitzki o gente come Dwyane Wade che è entrato nell’NBA cinque anni dopo. Per competere con dei ragazzi che potrebbero essere suoi figli – il draft di quest’anno è composto da collegiali nati nel 2000, proprio l’anno in cui Vince vinceva la gara delle schiacciate – il numero 15 si è sottoposto a un allenamento specifico: “Ho lavorato così duramente per essere in forma e giocare per competere contro giovani ragazzi che hanno la metà dei miei anni, quindi volevo solo andare lì fuori e giocare”. Per lui, un giocatore corretto, mai sopra le righe, questo è stato un riconoscimento importate come vincere un titolo: “Perché quando ogni sera giochi contro questi nuovi talenti e ti dicono – non capisco come tu riesca a continuare, sembra che tu possa giocare un altro paio d’anni – nella mia mente è come vincere un anello.”
Di recente Carter, parlando del possibile ritiro prematuro, ha dichiarato: “Nonostante sia strano finire così, è stato un grande viaggio”. Toronto Raptors, New Jersey Nets, Orlando Magic, Phoenix Suns, Dallas Mavericks, Memphis Grizzlies, Sacramento Kings e Atlanta Hawks, un viaggio lungo otto franchigie e 22 stagioni che non dimenticheremo mai. Non sappiamo se la regular season riprenderà in estate o se la lega sceglierà di partire direttamente dai playoff, ma se quella di mercoledì scorso fosse stata l’ultima partita di Vince, allora chiediamo a gran voce un finale degno del giocatore che ci ha incantato sfidando la gravità.