La NBA è ferma ai box, tutti abbiamo il fiato sospeso per le sorti di una stagione che rischia seriamente di terminare anzitempo. Un’eventualità che avrebbe come prima conseguenza la cristallizzazione dei giudizi sui premi stagionali, primo tra tutto quello di “Rookie of the Year”. Vediamo comunque come si sono comportati le matricole nel mese di marzo.
La rincorsa
Il termine del campionato fermerebbe sul più bello la rimonta che Zion Williamson stava tentando ai danni di Ja Morant. Dal debutto del 22 gennaio, la “sensazione” di New Orleans stava tenendo la media di 23,6 punti, segnati con un incredibile 59% dal campo, e aveva trasformato i Pelicans in una squadra frizzante e divertente, lontanissima da quella compagine rassegnata dei primi quattro mesi. Se parliamo di trasformazione, però, Morant non è da meno: grazie alla sua guida, i Grizzlies occupano l’ottavo posto e, in caso il campionato riparta davvero, avrebbero l’onore di partecipare ai Playoffs. Un risultato impensabile a inizio stagione, e che rende il premio di “Rookie of the Year” meritatissimo, anche più dei quasi 18 punti, 7 assists di media e delle tante giocate spettacolari che ci ha regalato in questo anno.
Finalmente Coby
Dopo le confortanti prove alla Summer League e in Preseason, Coby White era pronosticato da tutti gli esperti come uno delle matricole più esaltanti e di successo della nidiata 2019. Il campo, pero’, sovverte molto spesso le previsioni, e Coby ha faticato enormemente nell’adattarsi al basket della NBA. Finalmente, a ridosso della pausa per l’All Star Game, la guardia di Chicago ha iniziato a trovare ritmo e continuità, mostrando quel basket effervescente che gli aveva permesso di essere selezionato alla settima scelta assoluta dello scorso Draft: se nel mese di febbraio ha viaggiato a 20 punti e 4 assists di media, meritandosi il premio di Rookie del Mese per la Eastern Conference, a marzo stava addirittura facendo meglio, visto che i punti erano diventati 22 e gli assists 6. Cifre in netta controtendenza rispetto ai soli 11 punti registrati nei primi quattro mesi. Purtroppo, la stagione si è interrotta proprio nel suo momento migliore, ma a Chicago sperano che questo finale sia il preludio a un 2020/21 da protagonista.
Steal of the Draft?
La sera del Draft, Kevin Porter Jr era uno dei prospetti più discussi, tutti gli esperti chiamati a commentare l’evento erano curiosi di scoprire chi avrebbe avuto il coraggio di selezionarlo. Ovviamente, l’audacia non riguardava il talento, di cui Kevin dispone in abbondanza, bensì un’attitudine e un approccio al basket talmente problematici da risultare una distrazione – se non addirittura dannosi – per la squadra, come ben sa Andy Enfield, il coach di Southern California costretto a sospenderlo a tempo indeterminato per aver violato le regole interne dei Trojans. A febbraio, con la stagione ormai largamente compromessa, i Cavs hanno deciso di concedere a Porter maggiore spazio, e il mancino di Seattle ne ha approfittato: 13 punti di media (con il 46% dal campo e il 40% da tre punti), una serie di sette partite consecutive in doppia cifra e, soprattutto, il massimo in carriera di 30 punti nella sorprendente vittoria contro Miami. In quella gara, Porter ha sfoderato lo sconfinato repertorio offensivo – fatto di hesitation in palleggio, step back, tiro dalla distanza – e guidato la rimonta ai danni degli Heat. L’incognita delle bizze comportamentali sono sempre dietro l’angolo, ma i Cavaliers potrebbero davvero aver commesso il classico “furto” alla fine del Draft.
Top 5
- Ja Morant (Memphis Grizzlies): si è ripreso alla grande dopo qualche partita sottotono, il favorito per il premio di Rookie of the Year;
- Zion Williamson (New Orleans Pelicans): il virus ne ha fermato la pazza rincorsa, ma in neanche 20 gare ha confermato il perché di tanta attesa;
- Kendrick Nunn (Miami Heat): la maggiore sorpresa tra le matricole, punto fermo degli Heat e sicuro di un posto nel primo quintetto All Rookie;
- Eric Paschall (Golden State Warriors): l’altra sorpresa, seppur in un contesto molto meno competitivo. L’unica nota positiva per i Warriors;
- Brandon Clarke (Memphis Grizzlies): sempre poco considerato, ma nella stagione dei Grizzlies c’è tanto dell’ex Gonzaga;