In quella fantastica generazione di giocatori che, a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 hanno contribuito a diffondere la NBA in tutto il mondo, Dominique Wilkins occupa un posto scomodo.
Quello del “perdente” per eccellenza, il giocatore che, sebbene fosse capace di giocate spettacolari e segnasse valanghe di punti, non è mai andato oltre le semifinali di conference.
Ventisette anni fa esatti, il 17 Aprile 1993, Dominique diventò l’undicesimo giocatore della storia NBA a raggiungere i 22000 punti segnati, in una gara contro Charlotte in cui ne mise a segno 41.
Wilkins terminò quella stagione con una media di 29,9 punti a partita!
Non male per un atleta di 33 anni che soltanto un anno prima si era rotto il tendine di achille e che molti consideravano ormai un giocatore finito!
Chi conosce il basket di quegli anni si ricorda infatti di lui come un eccezionale realizzatore e come un giocatore fornito da madre natura di doti fisiche straordinarie.
Alla fine i punti messi a segno in carriera tra i Pro saranno 26668 che lo fanno, ad oggi, il tredicesimo miglior realizzatore di sempre.
Oltre ai punti segnati, furono soprattutto le sue schiacciate incredibili a far innamorare il grande pubblico e a fargli avere il soprannome di “The Human Highlight Film“.
Dominique trionfò ben due volte (1985 e 1990) nella gara delle schiacciate dell’All Star Game.
In una terza occasione, nel 1988, a Chicago, in finale diede vita a un’emozionante duello contro Michael Jordan, padrone di casa.
Jordan mette a segno la famosissima schiacciata saltando dalla linea del tiro libero.
Wilkins risponde però con schiacciate veramente spettacolari che gli fanno ricevere le ovazioni dei presenti.
Alla fine però, con un po’ di polemiche, sarà Jordan a vincere, davanti il suo pubblico, questa appassionante sfida.
Il suo nome è legato fortemente a quello degli Atlanta Hawks, la squadra in cui ha giocato la maggior parte delle sue stagioni NBA, oltre che le migliori.
Arrivato in Georgia da Utah (che lo aveva pescato al draft con la terza scelta) nel 1982 si mise da subito in luce come grande realizzatore, concludendo la stagione da Rookye con una media di 17,5 punti a partita.
Nelle stagioni successive le medie punti e il relativo apprezzamento degli addetti ai lavori subiranno una decisa impennata e Dominique concluderà ben due stagioni, quella 85-86 e quella 87-88 con più di trenta punti di media a incontro.
In quegli anni venne a crearsi una fortissima rivalità con i Boston Celtics e con Larry Bird, che giocava, come lui, nel ruolo di ala piccola.
I Celtics infatti, giocando nella Eastern Conference, nei playoffs venivano sempre a incrociare il loro cammino con i suoi Hawks e, alla fine, avevano sempre la meglio.
Il culmine di quella rivalità arrivò nella stagione 1987-88.
In una tiratissima gara sette delle semifinali di conference, nell’ultimo quarto Wilkins e Bird diedero vita a uno scontro all’ultimo sangue diventato ormai leggenda.
I due si caricarono le rispettive squadre sulle spalle segnando un canestro dopo l’altro.
Alla fine Wilkins chiuderà l’incontro con 47 punti e Bird con 34 (di cui 20 solo nell’ultimo quarto), ma la vittoria, ancora una volta, andrà, per soli due punti di scarto, ai Celtics.
Gli anni migliori sono forse stati quelli giocati accanto al playmaker Mookie Blaylock con Lenny Wilkens come coach.
Wilkins dichiarò che in due anni la squadra sarebbe arrivata al titolo.
L’occasione buona sembrava essere nella stagione 1993-94, l’anno in cui Michael Jordan si ritira momentaneamente.
I suoi Hawks giocano una fantastica regular season da 57 vittorie, ma Dominique, con sua grande delusione, viene scambiato a Febbraio per avere l’All Star Danny Manning dai disastrati Los Angeles Clippers.
Atlanta soccombe per 4-2 contro i Pacers nelle semifinali di conference.
Dominique si consola parzialmente partecipando e vincendo i campionati mondiali con quello che viene definito il secondo Dream Team.
Nonostante ciò ha ormai sempre più attaccata l’etichetta di giocatore spettacolare ma perdente e da lì in poi inizia il declino della sua carriera.
L’anno successivo, demotivato e stanco, gioca una stagione anonima ai Celtics, la prima al di sotto dei venti punti a partita dall’anno da Rookye.
Dopo Boston Wilkins approderà in Europa per la prima volta, al Panathinaikos, dove vincerà il suo unico trofeo di squadra di un certo peso.
La squadra ateniese infatti, nelle final four di Eurolega a Parigi, città natale di Dominique, trionfa aggiudicandosi la finale contro il Barcellona.
Wilkins contribuisce fortemente alla vittoria mettendo a segno 35 punti in semifinale e 16 punti con 10 rimbalzi nella finale.
L’anno successivo torna in NBA, ai San Antonio Spurs, dove gioca con buone cifre.
La stagione degli Spurs però, privi di Dennis Rodman e Sean Elliott, è disastrosa dal punto di vista dei risultati e non vengono centrati i playoffs.
Tuttavia proprio la mancata qualificazione alla post season consentirà alla squadra texana di avere la prima scelta al draft e di prendere un certo Tim Duncan, garantendosi anni di successi.
A questo punto la storia di Dominique si intreccia, come ricordano purtroppo bene i tifosi della Fortitudo Bologna, con quella del nostro paese.
Sono gli anni in cui le due squadre bolognesi sono le più forti del campionato e danno vita a dei derby infuocati.
La pallacanestro italiana è al suo punto di massimo splendore e per quella stagione la Virtus e la Fortitudo hanno allestito degli squadroni incredibili.
La serie delle finali, che vede le due bolognesi affrontarsi in una sfida senza esclusioni di colpi, con continui capovolgimenti del fattore campo, è spettacolare, forse la più bella di sempre.
Dominique però, nella decisiva gara 5, quando a diciassette secondi dalla fine la sua squadra è avanti di 4 e Sasha Danilovic sta tirando la tripla della disperazione, commette su di lui un ingenuo fallo che gli consente di realizzare un gioco da 4 punti e di portare la partita al supplementare.
Nell’overtime Wilkins e con lui la sua squadra crollano e la Fortitudo getta via uno scudetto praticamente già vinto.
Stanco, acciaccato nel fisico e deluso Dominique torna nell’NBA, agli Orlando Magic per un’ultima stagione in cui gioca solo 27 partite e segna soltanto 5,1 punti di media a incontro, per poi annunciare il ritiro.
Chiuderà una carriera ricca di successi personali, ma povera di vittorie illustri, a parte il Mondiale del ’94 e l’Eurolega del ’96.
A Dominique resterà però sempre il merito, di aver contribuito, con il suo gioco spettacolare e i tanti canestri segnati, a far diventare l’NBA quel fenomeno globale che è oggi e a far innamorare di questo sport tanti ragazzini di qualche anno fa.