
Torino, aprile 1935. Il primo collegiale di una Nazionale italiana. In piedi da sinistra: Pasquini (Roma), Caracoi (Trieste), Basso (Napoli), l’allenatore De Filippi, Marinelli (Bologna), Mazzini (Roma), Premiani (Trieste), Varisco (Trieste); accosciati: Franceschini (Roma), Giassetti (Trieste), Antonini (Trieste), Falsetti (Roma), Paganella (Milano) (dalla rivista Pallacanestro)
Finalmente c’era in palio qualcosa! Era trascorso quasi un decennio da quando la Nazionale maschile di basket era stata battezzata – canotta bianca, stemma sabaudo lato cuore – al Poligono del Tiro a Segno alla Cagnola di Milano: era la Pasqua del ’26, sfida vinta coi colleghi pionieri della Francia. Da allora, solo repliche di amichevoli, tra cui la partita di ritorno della Pasqua successiva a Parigi o l’incontro con la Svizzera nel ’30, che avevano fruttato altrettante vittorie e una certa euforia. Tutto questo fino al 2 maggio del 1935: al Pavillon des Sports du Bout-du-Monde di Ginevra, i cestisti azzurri – stavolta anche per il colore della maglia – scendevano in campo nella giornata inaugurale del primo campionato europeo. Si cominciava, finalmente, a fare sul serio!
Il campionato italiano era già arrivato alla sua quindicesima edizione, mentre il numero delle squadre aveva toccato quota dodici, con la solita prevalenza del Nord; ma la Ginnastica Roma (che assieme alla Pallacanestro Napoli rappresentava il Centro-Sud) proprio in quell’anno aveva conquistato il suo quarto titolo tricolore, alternandosi ancora una volta a Trieste, dopo avere interrotto l’egemonia di Milano. Cosicché anche la Nazionale non parlava più col solo accento meneghino dei primi tempi, ma vi si mescolavano idiomi diversi, raccolti lungo la Penisola.
Ci fu un collegiale di preparazione a Torino (il primo di una Nazionale italiana), guidato dal commissario unico Attilio De Filippi, allenatore della Triestina. Dodici i giocatori convocati (li vediamo nella prima foto), da cui poi ne vennero selezionati otto per la trasferta in Svizzera. Per metà erano proprio della Triestina: Ezio Varisco, Egidio Premiani, Emilio Giassetti e Bruno Caracoi. A completare la rosa: Sergio Paganella (Borletti Milano), Giancarlo Marinelli (Virtus Bologna), Gino Basso (Napoli) e Livio Franceschini (della scudettata Roma, ma triestino anche lui, fresco di trasferimento nella capitale). Eccoli nella seconda foto, schierati proprio davanti le tribune del Pavillon ginevrino.

Il debutto di quel 2 maggio fu contro la Bulgaria, coronato da un altro successo; 42 a 23 il risultato finale, supremazia mai messa in discussione, con ben 32 punti realizzati da Franceschini, giocatore che evidentemente poteva facilmente spostare gli equilibri del campionato italiano. Un debutto davvero felice, che avrebbe potuto (e dovuto) lanciare la squadra verso posizioni di prestigio, se non ci fosse stata di mezzo una formula a dir poco stravagante.
Il campionato era stato organizzato dalla FIBA (Fédération International de Basket-ball Amateur), istituita proprio a Ginevra tre anni prima, voluto fortemente dal suo presidente, lo svizzero Leon Buffard. Fu praticamente il preludio alla prima edizione del torneo olimpico, in programma l’anno dopo a Berlino, per la cui partecipazione si poteva così stabilire una prima gerarchia europea.
Dieci le rappresentative partecipanti (Belgio, Bulgaria, Cecoslovacchia, Francia, Italia Lettonia, Romania, Spagna, Svizzera, Ungheria), con una fase preliminare di cinque scontri da dentro o fuori, che davano già l’accesso alle semifinali. E qui stava l’intoppo: tre delle vincitrici ottenevano il pass diretto, le altre due no (vai a capire perché). Guarda caso, tra queste due c’era l’Italia, che se la dovette vedere in uno spareggio con la Svizzera: stavolta ebbero la meglio i padroni di casa (27 a 17), e per i nostri si aprirono solo le porte del girone di consolazione. Dove ci toccò fare i conti con un’altra formazione assetata di rivincita nei nostri confronti, la Francia: altra sconfitta, seppure di misura (29 a 27). Restava solo la possibilità di giocare per il settimo posto, e qui l’obiettivo venne facilmente centrato, perché capitò nuovamente la Bulgaria (35 a 22), che risultò così l’unica squadra battuta dagli azzurri nel torneo.
Il risultato finale non alimentò certo l’euforia delle precedenti amichevoli, ma per essere la prima competizione (e per come erano andate le cose) ci si poteva accontentare; anche perché la Nazionale italiana si meritò l’ammissione alle Olimpiadi di Berlino. E poi, un primato lo ottenne ugualmente: quello del miglior marcatore del torneo, sempre lui, Franceschini, 66 punti totali, media di 16,5 a partita, niente male per quei tempi.
Ad aggiudicarsi la prima medaglia d’oro continentale fu la Lettonia, che si guadagnò così il diritto a organizzare in casa propria la seconda edizione, nel ’37; argento alla Spagna (battuta in finale 24 a 18), bronzo alla Cecoslovacchia, che ebbe la meglio sulla Svizzera. Poi Francia e Belgio; e dietro l’Italia il trio dell’Est, Bulgaria, Ungheria, Romania. Venne fuori quindi una prima gerarchia europea, che però l’Olimpiade dell’anno dopo avrebbe già sovvertito, e che sarebbe rimasta altalenante fino a quando sulla scena, negli anni del dopoguerra, non fece la sua comparsa il colosso URSS.
Nunzio Spina