Il 1° maggio 1980 l’NBA accettò la richiesta di Don Carter e Norm Sonju, uomini d’affari texani, che poterono così ufficialmente dare il via alla storia della franchigia a Dallas. Erano la terza squadra del Texas dopo gli Houston Rockets (entrati nella lega nel 1967 come San Diego Rockets) ed i San Antonio Spurs, arrivati direttamente dall’ABA nell’esodo del 1976. Della “cordata” di proprietari faceva anche l’attore James Garner che dal 1957 al 1962 aveva interpretato il ruolo del protagonista in una fortunata serie televisiva western intitolata “Maverick”. “Mavericks” quindi fu anche uno dei tre nomi proposti ai tifosi assieme a “Wranglers” ed “Express” e venne scelto a larga maggioranza in una votazione popolare. Il “roster” venne stabilito con un “draft d’espansione”: le altre 22 franchigie per regolamento potevano “proteggere” otto dei dodici giocatori, i Mavericks potevano pescare uno dei restanti quattro. Fu così che Dallas guadagnò i diritti – tra gli altri – su Marty Byrnes dei Lakers, Abdul Qadir Jeelani dei Blazers, Ray Townsend dei Warriors, Tom LaGarde dei Sonics, Del Beshore dei Bulls, Arvid Kramer dei Nuggets, Terry Duerod dei Pistons…tutti giocatori che avremmo visto nel campionato italiano poco tempo dopo.
All’esordio, l’11 ottobre 1980, Dallas lasciò a bocca aperta l’intera lega: sconfisse gli Spurs per 103 a 92 grazie a 21 punti di Winford Boynes, 19 (e 14 rimbalzi) di LaGarde, e 10 punti di Jeelani, che segnò anche il primo canestro della storia della franchigia. L’euforia durò poco, visto che i Mavs persero 40 delle successive 45 partite per poi chiudere con un triste 15 vinte – 67 perse. Ma un inizio duro era stato preventivato, e presto sarebbero arrivati i rinforzi sotto forma delle scelte del 1981: Rolando Blackman, Mark Aguirre e Jay Vincent che di lì a poco avrebbero trascinato i Mavs a cinque apparizioni consecutive ai playoffs dal 1984 al 1988.
Poi arrivarono gli anni bui, quelli che fecero disamorare Carter e lo spinsero alla cessione delle sue quote per 135 milioni di dollari nel 1996. Gli successe Ross Perot Jr., figlio del famoso magnate che era una specie di icona popolare, in Texas a causa del suo ruolo nella liberazione degli ostaggi statunitensi in Iran e grazie alla candidatura come presidente degli Stati Uniti. Perot figlio non mostrò per il basket lo stesso interesse che il padre aveva mostrato in politica, e visti i risultati non eclatanti della squadra ci mise poco a stancarsi del giocattolo. Fu solo questione di tempo: i Mavs passarono di mano nel 2000 per la cifra di 285 milioni di dollari ed il nuovo “owner” (o meglio “governor”, come impone il politically correct Adam Silver, timoroso di ogni possibile riferimento alla schiavitù) fu proprio Mark Cuban che a gennaio ha festeggiato i vent’anni sulla…sella del purosangue biancoblù.
Il resto è noto a tutti: seppur con difficoltà iniziali e con una gestione poderosa (e non sempre attenta (come dimostrato nella “querelle” sulle molestie sessuali da parte di alcuni dei dirigenti di alto livello della franchigia nel 2018) Cuban ha guidato i Mavericks al titolo del 2011, ottenendolo grazie ad un talentuoso giocatore europeo. E nel draft del 2018 Dirk Nowitzki ha passato la “torcia” nelle mani di un altro talentuoso giocatore europeo, Luka Dončić.
Quando nacquero i Mavs Dirk Nowitzki stava per compiere due anni, quando Cuban se li assicurò Luka Dončić era un marmocchio che gattonava nella casa di Lubiana…sono passati quarant’anni dalla nascita della franchigia, eppure i Mavericks non sono mai sembrati tanto giovani.