Adam Silver sta cercando in tutti i modi a trovare una soluzione che permetta alla NBA di ripartire e terminare la stagione, ma non tutti sono così interessati al proseguo di questo campionato. Le squadre, e con esse i loro giocatori, tagliate fuori dalla corsa ai Playoffs sono ormai orientate verso il prossimo anno.
John Collins è uno di questi; avendo concluso il suo terzo anno, il giovane originario di Palm Beach potrà discutere un’estensione molto più sostanziosa del contratto attuale.
“Se parliamo di massimo salariale, sento di essermi meritato l’offerta di quel contratto da parte degli Hawks, anche se capisco che è un business e non sempre si ottiene quello che si desidera. La mia volontà è restare ad Atlanta, e vorrei sapere subito che resterò qui per tanto tempo.”
Non è difficile comprendere il perché di tanta ambizione: le medie di 21,6 punti e 10,1 rimbalzi a partita confermano quanto Collins sia un giocatore dotato di qualità non comuni, sia tecniche che atletiche, e di quanto il suo gioco sia evoluto. Non è passato certo sottotraccia come John sia migliorato in ogni aspetto del gioco, in particolar modo nel tiro dalla lunga distanza: con il 40% dall’arco si posiziona poco lontano migliori specialisti, sicuramente tra i migliori lunghi. Con l’affinamento del jumper, considerata la verticalità e il dinamismo di cui dispone, John rappresenta l’identikit del lungo moderno, capace sia di dettare legge sotto il tabellone che di aprire le difese avversarie appostandosi a sette metri dal canestro.
Ma gli Hawks concederanno la cifra di milioni di dollari?
Una domanda che dovrebbe ricevere una scontata risposta affermativa, invece le intenzioni della dirigenza sono tutt’altro che scontate.
Dopo le 29 vittorie della stagione passata, in questo campionato Atlanta ha vinto solo 20 partite, un traguardo che rappresenta un deciso passo indietro, anche considerando le minori partite disputate. I ragazzi agli ordini di coach Lloyd Pierce sono sicuramente giovani e inesperti, ciò non toglie che i risultati mediocri e le palesi difficoltà mostrate sul parquet necessitano di un’attenta analisi sulle reali prospettive del roster. All’interno del roster, proprio Collins ha un posto privilegiato nelle valutazioni del management.
Se in attacco abbiamo visto come il suo contributo sia indubbio, nella sua metà campo l’ex Wake Forest non è ancora una sicurezza. Certo, le 1,6 stoppate di media rappresentano un bel biglietto da visita, molto meno lo è il “Defensive Rating” di oltre 112, una statistica meno appariscente ma decisamente più concreta per valutarne l’efficacia.
L’ambiente di Atlanta, poi, fa notare come Collins sia stato squalificato per ben 25 partite a inizio stagione, vanificando il lavoro del training camp e compromettendo fin dal principio la stagione. Una grave leggerezza, senz’altro, forse caricata oltremodo di significato visto che dopo quell’episodio in molti hanno cominciato a parlare di John come persona poco affidabile.
Molto più pertinenti le questioni tecniche che vorrebbero il General Manager Travis Schlenk molto cauto prima di legarsi con un contratto così impegnativo finanziariamente. Se fino a una decina di anni fa la retribuzione di un pivot era inflazionata rispetto agli altri ruoli, a causa della centralità nello sviluppo del gioco e nel successo di una franchigia, nella NBA di oggi sono le guardie, e gli esterni in generale, a reggere le sorti di una franchigia. Per questo, è lecito chiedersi se convenga investire quasi 30 milioni di dollari all’anno su un lungo, seppur bidimensionale ed ecclettico come Collins, oltretutto destinato a ricoprire il ruolo di “secondo violino” accanto a Trae Young.
Messa in questo modo, la questione cambia notevolmente, e spiega anche le mosse di febbraio della dirigenza dei “Falchi”.
Nel mercato di riparazione, il general manager Travis Schlenk ha acquisito Clint Capela e Dewayne Dedmon, due centri certamente meno talentuosi di John ma in possesso di quelle caratteristiche che si ricercano in questo momento nei giocatori d’area: intimidazione, rimbalzi, capacità di finire sugli scarichi.
Sembra già il “Piano B”, l’assicurazione per il probabile addio di Collins, ma potrebbe rappresentare solo la manovra di chi vuol sedersi al tavolo delle trattative nella posizione di forza, libero di non dover sottostare a nessun ricatto.
La speranza di Atlanta è convincere Collins ad accettare un contratto meno esoso; l’offerta ipotizzata (tralasciando le conseguenze sul Salary Cap del COVID-19) sarebbe un quadriennale compreso tra gli 85 e 115 milioni, ovvero l’entità dei contratti accettati, rispettivamente, da Domantas Sabonis e Jaylen Brown. La scommessa della dirigenza è rendere consapevole John che quella cifra non va a sminuirne le qualità e il contributo, ma che risponde proprio a quella valutazione che vede i lunghi non più centrali nel successo di una franchigia.
Avranno successo? Collins vorrà concedere uno sconto a chi l’ha scelto al Draft? Oppure attenderà il 2021 per andare alla ricerca di un’offerta più vantaggiosa, con la consapevolezza che comunque Atlanta avrà il diritto di pareggiarla?
Non resta che attendere.