L’avventura dei New Orleans Pelicans all’interno della “bolla” di Orlando per il momento è tutto meno che convincente. I tifosi infatti, soprattutto riguardo le prime due uscite, si aspettavano decisamente di più dalla truppa di coach Alvin Gentry.
Certo, se da un lato è vero che con l’innesto di Zion Williamson la franchigia della Louisiana era riuscita a cambiare passo, dall’altro bisogna ricordarsi che quattro mesi di stop forzato incidono in maniera significativa sulla continuità dei risultati. Ragionamento che comunque può essere applicato a tutte le squadre, e di cui si è già molto parlato all’alba della ripresa ufficiale della stagione.
Il debutto suicida contro Utah
New Orleans è stata la protagonista, insieme a Utah, del match di apertura della ripresa della stagione regolare all’interno del Walt Disney World Resort. Un debutto che, stando a quanto successo all’interno dei primi tre periodi, convincente. Poi il blackout.
I Pelicans per quasi 40′ erano riusciti a tenere in mano la partita senza troppe difficoltà, dimostrando soprattutto una buona continuità realizzativa. Nella metà campo difensiva però le cose non sono andate altrettanto bene, ed è stato solo grazie ai numerosi errori degli avversari che Zion e compagni hanno potuto mantenere la testa della partita. A proposito, visto che lo abbiamo citato, è bene che chiariamo subito una cosa: il problema non è stato il minutaggio ridotto del prodotto di Duke (appena 15′ sul parquet).
Leggi anche – Sorpassi e finale punto a punto: la prima nella “bolla” la vince Utah
Infatti, quello che è accaduto nell’ultimo periodo è molto semplice: l’attacco degli uomini di coach Gentry si è incartato e sono emerse tutte le difficoltà difensive, con i Jazz che hanno preso coraggio e alla fine hanno azzannato il match e portato a casa la vittoria.
Non ci si deve scordare infatti che, sebbene New Orleans sia una delle squadre più produttive a livello offensivo (115.7 punti a partita e 110.4 di Off Rtg, 5° assoluti in entrambe le classifiche), dall’altro è anche una di quelle che concede più punti ai propri avversari (116.7 punti a partita, 27°, e 111.3 di Def Rtg, 18°).
La batosta firmata Clippers
Due giorni dopo la sconfitta subita contro Utah, le cose sono addirittura andate peggio. I Clippers rappresentano sicuramente un avversario con diverse marce in più (nonostante le assenze di Harrell e Williams) rispetto alla franchigia di Salt Lake City, ma se la partita ha preso fin da subito una piega netta è stato solo “grazie” ad un’imbarazzante prestazione della compagine della Lousiana.
L’attacco va in difficoltà quasi subito, visto anche il valore dei losangelini nella protezione del canestro, e la difesa… beh, la difesa è quello che è. Problemi negli aiuti e nelle coperture perimetrali, poca aggressività e copertura del ferro pressoché assente: in sostanza quello che è andato in onda per diversi tratti nel match contro i Jazz, ma messo in evidenza al quadrato. Morale della favola, all’intervallo lungo i Clippers sono avanti 77-45 tirando con il 66.7% dall’arco (16/24) e il 53.2% dal campo. Nei primi 24′ di gioco i Pelicans raccolgono invece 12 palle perse, il 37.2% dal campo e il 29.4% dall’arco.
Inutile dire che la seconda metà di gara è servita solo a definire il punteggio finale, con una tranquilla amministrazione da parte degli uomini di coach Rivers. Insomma, quello che è accaduto nel terzo e nel quarto periodo è utile solo a livello a statistico.
Il riscatto contro Memphis
Come si suol dire, la terza volta è quella buona. Stretti ormai all’angolo, quello contro i Grizzlies per i Pelicans era sostanzialmente un match win or go home: o si vince, o si possono praticamente salutare i playoffs.
C’è da dire che Memphis non stava attraversando proprio un gran momento (due sconfitte su due nella “bolla”) e che quello di New Orleans è stato più un riscatto a livello emotivo e psicologico che tecnico.
In una partita giocata punto a punto per quasi tutto l’arco dei 48′, la differenza l’ha fatta essenzialmente la testa. Entrambe le squadre infatti hanno giocato al di sotto delle proprie possibilità: da un lato i Pelicans hanno dimostrato ancora una volta gravi difficoltà difensive (meglio invece l’attacco), dall’altro i Grizzlies non sono riusciti ad incidere seriamente in fase offensiva (39.8% dal campo e 27.9% dall’arco) e si sono dimostrati troppo “morbidi”.
Nei minuti finali però, quando è venuto il momento di portare a casa la partita, sono stati Zion e soci a dimostrare più solidità, commettendo meno errori e alzando leggermente la propria intensità. Insomma, niente di clamoroso, ma almeno il finale ha regalato un risultato diverso rispetto al match con i Jazz.
Cambiare marcia
Questo è l’imperativo che deve assolutamente risuonare in casa Pelicans. Altrimenti, i ragazzi di coach Gentry possono salutare l’ultima possibilità di entrare nella top-8 della Western Conference e di giocare i playoffs.
Contro Memphis è arrivata una vittoria di fondamentale importanza, sia per il morale che per la classifica, ma New Orleans deve correggere il tiro se vuole fare jackpot.
Prima di tutto deve cambiare volto la fase difensiva: ci vogliono maggiore aggressività e maggiore attenzione ai dettagli, migliorando magari anche l’intesa e il livello di collaborazione. In secondo luogo, anche l’attacco ha bisogno di qualche aggiustamento. Il gioco dei Pelicans vede poca fluidità nella circolazione di palla e spesso le finalizzazioni nascono da giocate dei singoli (magari dopo pochi passaggi). In questa maniera è difficile trovare una buona continuità e basta che si spengano alcuni giocatori per mandare in tilt l’intero sistema.
NOLA dovrebbe riuscire a trovare maggiore dinamicità, a far girare di più il pallone, cercando di trovare tiri che siano i più puliti possibile, senza ricorrere a forzature o a “one man show”. Più coinvolgimento si crea, più c’è la possibilità di mettere in ritmo diversi giocatori e di allargare le proprie soluzioni.
Cosa dicono classifica e calendario?
New Orleans al momento è 11° ad Ovest, distante 2 partite dall’ottavo posto dei Grizzlies e con un’agguerrita concorrenza.
Memphis ha un calendario molto complicato (Thunder, Raptors, Celtics e Bucks), senza contare che dovrà fare a meno di Jaren Jackson Jr per il resto della stagione (infortunio al menisco del ginocchio sinistro). Morant e compagni, come se non bastasse, devono ancora raccogliere la loro prima vittoria (0-4), per cui le possibilità che chiudano all’ottavo posto con più di 4 partite di vantaggio sul nono (in riferimento alle regole per il play-in tournament) sono praticamente inesistenti. Anzi, di questo passo, i Grizzlies rischiano di finire oltre la decima posizione.
Anche Portland, che attualmente occupa il nono spot, ha un percorso complicato: Nuggets, Clippers, 76ers, Mavericks e Nets. Tuttavia, le vittorie maturate contro Memphis e Houston, a cui si somma l’atteggiamento visto contro i Celtics (recupero dal -24), rilanciano le valutazioni sui Blazers. Lillard e soci al momento sono i candidati più quotati per la conquista dei playoffs (al momento distante appena una sola partita).
Discorso che non cambia neanche per San Antonio, attualmente decima: gli Spurs infatti dovranno affrontare i Jazz un paio di volte, i Rockets e, soprattutto, i Pelicans. Insomma, non proprio una passeggiata, contando anche l’assenza di un giocatore come Aldridge. La truppa di Gregg Popovich, sebbene disti dall’ottavo posto 2 partite (esattamente come New Orleans) e nei primi match nella “bolla” abbia dimostrato carattere, non è tenuta molto in considerazione per la corsa playoffs, ma attenzione a non sottovalutarla.
I Pelicans hanno invece sostanzialmente il percorso più semplice, con avversari decisamente tutti alla portata. Mettendo da parte Wizards e Magic, le sfide decisive saranno gli scontri diretti con San Antonio e Sacramento (due volte). New Orleans, se dovesse riuscire a cambiare marcia, avrebbe tutte le qualità per portarsi a casa diversi risultati positivi e diventerebbe di conseguenza la favorita per approdare nella postseason.
Il margine d’errore è pari a zero e ogni disattenzione da ora in poi potrebbe rovinare tutto.
Infine, sebbene sia più distante dall’ottavo posto di tutte le altre franchigie citate (2.5 partite), un occhio su Phoenix andrebbe tenuto. I Suns hanno fatto infatti bottino pieno nelle loro prime tre uscite, battendo in ordine Wizards, Mavericks e Clippers. Booker e soci hanno dimostrato grande determinazione e i loro prossimi avversari non sono così impossibili (Pacers, Heat, Thunder, 76ers e Mavericks), soprattutto dopo quanto messo in mostra in questi primi giorni. La distanza dalla zona playoffs pone la squadra dell’Arizona in una posizione di secondo piano, ma, come affermato per gli Spurs, sarebbe un errore darla già come sconfitta.