Mancano 4 minuti al termine del terzo quarto di Gara 3 tra Mavericks e Clippers. Kawhi Leonard penetra verso il canestro e Luka Doncic lo marca stretto. Il ginocchio sinistro di Kawhi cozza inavvertitamente con quello destro di Luka e gli fa perdere leggermente l’equilibrio, quel tanto che basta per appoggiare malamente il piede e provocare una torsione innaturale della caviglia destra.
Luka si accascia e si tiene la caviglia. Finisce qui la sua partita.
I Mavs perdono malamente, ma l’attenzione di tutti è già rivolta al giorno successivo, quando ci sarà il risultato della risonanza magnetica su quella caviglia malandata. Le speranze di Dallas si riconducono a quel responso, perché senza il loro leader tecnico le speranze di infastidire i Clippers si assottigliano fino a scomparire.
Il responso arriva e a Dallas tutti tirano un sospiro di sollievo, in primis Doncic.
La distorsione c’è, è dolorosa ma non c’è niente di allarmante. “Sono stato fortunato, se fosse stata la caviglia destra sarebbe stato molto peggio” dichiara Luka, alludendo alle undici partite saltate in stagione per i fastidi a quella caviglia.
Ma fortuna o non fortuna, Doncic è ancora in dubbio per Gara 4. I medici e lo staff tecnico sono molto attenti a non rischiare la salute del loro giocatore franchigia. Negli Stati Uniti la chiamano “Game time decision”, ovvero decisione dell’ultimo secondo, ma la sensazione è che Doncic sarà della partita.
Alla palla a due di Gara 4, in effetti, Doncic è pronto con la sua maglia numero 77. Ma quanto potrà giocare, e soprattutto come?
Beh, mai domanda è stata così superflua: Luka gioca come sempre, se non si sapesse dell’infortunio nessuno dubiterebbe dello stato di salute della stella slovena. Dallas affonda fino a – 21, ma Luka guida la rimonta nel terzo quarto e porta avanti i suoi per 93-85, sopperendo anche all’assenza di Kristaps Porzingis (ginocchio destro).
Non bastano i canonici quarantotto minuti per decidere la vincente di Gara 4 e così si va all’Overtime, per il quale Luka riserva il meglio: prima il layup del 132-130, e poi il gran finale.
Mancano 3,7 secondi alla fine, Luka riceve dalla rimessa con il punteggio di 133-132 L.A; si isola a otto metri del canestro, palleggia tra le gambe verso destra, ritorna a sinistra, si arresta ed esegue lo step back per separarsi dal malcapitato Reggie Jackson. Il tiro parte e trova solo la retina del canestro.
Dallas vince per 133-132, e riporta la serie in parità.
Alla fine, il tabellino di Doncic recita 43 punti, 17 rimbalzi e 13 assists.
Una prova eccezionale – un termine spesso abusato dai commentatori sportivi, ma stavolta più che indicato -, la “tripla doppia” consente a Luka di entrare in un ristrettissimo club di supercampioni:
⁃ Nei Playoffs, solo Oscar Robertson e Charles Barkley hanno compilato una “tripla doppia” da almeno 40 punti, 15 rimbalzi e 10 assists;
⁃ Nella storia della NBA, tra Regular Season e Playoffs, solo Wilt Chamberlain ha registrato una “tripla doppia” più cospicua di quella di Luka;
⁃ Solo Elgin Baylor e LeBron James possono vantare una “tripla doppia” e il canestro decisivo nella stessa partita di Playoffs.
Una sequenza di record resa ancora più incredibile dalle condizioni fisiche non ottimale. Anche se il diretto interessato minimizza “La caviglia non era al 100%, ma non faceva così male”.
Rick Carlisle, a fine partita, coccola il suo giocatore: “E’ probabilmente la miglior partita mai disputata da un giocatore al secondo anno. Mi ricorda Larry Bird e Jason Kidd per il desiderio di vincere a ogni costo. Non è importante solo per quanti punti segna, ma per quanta fiducia trasmette ai compagni in ogni momento della partita”.
Alla domanda dei cronisti sulla caviglia, Rick sorride: “E’ ‘bad boy’. E’ un duro, ragazzi…”