Uomo fondamentale nello scacchiere societario della Virtus Segafredo Bologna, il gm Paolo Ronci è stato intervistato da Walter Fuochi per La Repubblica Bologna.
Un estratto delle sue dichiarazioni.
Ronci, subito l’attualità. A che punto è il nuovo pivot? “Alla valutazione dei profili, ristretta a 4-5 candidati. Poi, tempi variabili: uno decide e può partire subito, oppure tocca aver pazienza. Noi ne abbiamo, e intanto Udoh dopo l’intervento farà qui la riabilitazione. Ekpe rimane uno dei nostri”.
Sarà di nuovo Bologna contro Milano, dopo che ogni giorno voi avrete spiato loro e loro voi? “Personalmente non spio nessuno. Ma capisco il dualismo, l’utilità di creare interesse, il fascino della sfida tra grandi club. I dirigenti però non straparlano al bar, io poi amo l’equilibrio e la vista su tutto il panorama: da Venezia, dove sanno come si vince, a Treviso, dove ogni anno migliorano. Infine, a casa Virtus la regola è guardare a noi stessi e io seguo la linea societaria”.
Che è, in due parole? “Tutto parte da passione, entusiasmo e amore per lo sport di Massimo Zanetti. È la benzina che il proprietario mette da anni, veicolata da Luca Baraldi verso noi esecutori, per realizzarla. In due parole, esser presenti dove si compete per la vittoria. È stata la spinta che, dalla Virtus in A2 di 4 anni fa, ci ha fatto arrivare a una coppa europea e uno scudetto, inattesi ma cercati, e ora a questa Supercoppa. La Segafredo non prevede annate di transizione. Si prova a vincere, sempre e comunque. Sennò, lealmente, si dice bravi agli altri. Ancora: la Virtus femminile due estati fa era l’idea meravigliosa di due amici al bar che leggevano sul giornale di una squadra promossa sul campo senza i mezzi. Presa, di slancio, fatta crescere, oggi pronta a dire la sua per lo scudetto”.
Perché ci si separa da un allenatore che riporta lo scudetto dopo vent’anni? “Perché era a fine contratto”.
O vittima di una frattura insanabile? “Insanabile è un termine inesatto. E due anni e mezzo sono un arco che può arrivare a un epilogo naturale. Bene, ricordiamone il meglio: grandi risultati e giornate felici, vincendo dopo lo stop dell’anno prima, ricreando entusiasmo e magia. Noi come l’Efes, prima defraudati poi risarciti dal destino, e non lo reputo un caso. Dopo, il percorso di crescita non solo sportiva del club suggeriva scelte diverse. S’è deciso di farle”.
Dall’Eurolega, quanto vi sentite distanti, in campo e fuori? “In campo lo scopriremo giocando, fuori i passi avanti nella struttura e nell’organizzazione sono lì, riconosciuti da tutti. Questo è un club che vuole e può. A Barcellona lo sanno”.