Intervistato da Giacomo Rossetti per Il Messagero, Matteo Spagnolo ha raccontato la storia della sua giovane carriera.
Questo un estratto delle sue dichiarazioni.
Quale è stato il primo impatto con la Serie A? “Per me è un nuovo mondo, è stato molto emozionante esordire prima in Supercoppa e poi nella massima serie. Ci ho messo un paio di partite a ingranare, ma gara dopo gara è andata sempre meglio. Mi sono reso conto che dovevo aumentare l’intensità e la fisicità”.
Che differenze ha riscontrato con il basket spagnolo? “Nel Real Madrid ciascuno ricopriva esclusivamente un ruolo tattico specifico, in cui eccelleva. Chi distribuiva assist, chi andava a canestro… In Italia invece tutti i giocatori fanno tante cose. C’è meno rigidità nei ruoli”.
Giocare da minorenne nel club più titolato d’Europa è un privilegio riservato a pochi. “È stata un’esperienza fantastica. Nei tre anni bellissimi che ho passato in blancos ho capito bene cosa vuol dire la vita da professionista: ho fatto tanti sacrifici, ma ne è valsa la pena. Poi Madrid è una città fantastica, ci ho lasciato un pezzo di cuore. Puerta del Sol, Gran Via… ogni volta che uscivo per passeggiare era uno spettacolo”.
Cosa ha imparato nei quattro anni trascorsi a Roma, alla Stella Azzurra? “Quello è stato il momento in cui mi sono detto per la prima volta: “il basket può diventare il mio lavoro, ciò che mi farà vivere”. Soprattutto nel secondo anno, in Serie B (il club ottenne una deroga per farlo giocare a soli 14 anni, ndr), ho iniziato a uscire dalla mia comfort zone. Roma… beh, mi è rimasta dentro. Penso a luoghi magici come il Pincio, ma anche Fontana di Trevi”.
Come vanno questi primi mesi a Cremona? “Benissimo: ho trovato un ambiente molto familiare, sia la società che i tifosi sono fantastici. La città mi piace parecchio, ha un bel centro. Adesso l’obiettivo mio e della squadra è giocare sempre meglio, trovando sempre più ritmo visto che abbiamo talento e canestri nelle mani. Poi vedremo cosa ci riserverà la stagione, siamo ancora all’inizio ed è lunga”.