Intervistato da Piero Guerrini per Tuttosport, il coach e President of Basketball Operations dell’Ax Armani Exchange Milano Ettore Messina ha analizzato la stagione della sua squadra alla vigilia della Final Eight di Coppa Italia, di cui il suo palmares ne vanta ben 8. Significativa anche la sua posizione sulla modulazione del calendario europeo e sulle condizioni in cui versa il basket italiano.
Un estratto delle sue dichiarazioni.
Messina, Milano ha cambiato volto in estate, eppure ha trovato un equilibrio invidiabile, superando infortuni e intoppi. Più completa e forte della scorsa stagione. Com’è riuscito? “Non saprei. Forse e paradossalmente gli infortuni ci hanno aiutati a dare spazio a giocatori che rischiavano
di averne meno, abbiamo distribuito le responsabilità. C’è stato un po’ di calcolo costruendo la squadra e un po’ di casualità. Il dato saliente è la notevole disponibilità di queste persone. Vero, ci sono esempi straordinari come Hines, Melli, Rodriguez, ma americani alla prima esperienza europea avrebbero potuto ambire a un ruolo primario, invece hanno tutti accettato un ruolo”.
Milano brava anche a pescare i sostituti degli infortunati sul mercato. “In questo sono stati molto bravi i componenti dello staff, Stavropoulos, Rossini, i tecnici, a individuare le persone e i giocatori giusti come Bentil. E sono davvero contento della crescita costante dei giovani italiani, Alviti, Baldasso, lavorano tanto, ascoltano i consigli dei più esperti, non si abbattono se non giocano, anzi”.
Domenica ha levato i dubbi: in Coppa Italia utilizzerà i veterani. Eppure avrebbe alternative su 3 gare. “Come si può pensare che io vada da Hines a dirgli che in un simile appuntamento è meglio che riposi in vista di una semifinale che neppure sappiamo se raggiungeremo? Sarebbe un pensiero demenziale, inaccettabile. Ho sempre fatto così: l’anno scorso in Supercoppa lasciai fuori Shields e LeDay perché appena arrivati. Bisogna rispettare ciò che gli americani chiamano seniority”.
L’Armani viene da 8 gare in 16 giorni, 14 dal 5 gennaio. Lei solo lanciò l’allarme calendari nel 2021, ora la seguono tutti. “L’aspetto simpatico è che c’è voluto un anno dalla mia lettera. Come se avessero mandato avanti il vecchio gufo. Ma è evidente che i giocatori non possono sostenere questi ritmi, che non ci sia il tempo per programmare, preparare gare, allenarsi. Ripeto, bisogna sedersi ad un tavolo, tutte le parti coinvolte”.
L’Olimpia è un’anomalia in Italia. Una delle migliori e più complete strutture in Europa. Nel nostro basket si parla soprattutto di ristori, manca prospettiva. Come vivete questo ruolo? “Bisogna viverlo innanzitutto guardando in casa propria, per migliorare. Poi aspettando e vedendo. Se mi chiedono un parere, sono disponibile. Almeno a livello personale vedo tante cose che non condivido. Ma siamo ancora all’età dei Comuni. Leggo, ascolto… Non dimentico”.
Un nuovo milanese che ha sorpreso? “Troppo facile dire Devon Hall: l’avevamo seguito e studiato in modo approfondito da tempo, eppure Devon è andato oltre, ha avuto lo stesso impatto di Shields la scorsa stagione”.