La vicenda del licenziamento in tronco di Johan Roijakkers a Varese mi ha lasciato (per l’ennesima volta) stupito. Non certo per il fatto che un allenatore venga avvicendato in corsa, in Italia siamo (in)docenti in materia, quanto per le giustificazioni addotte dalla società.
Studiando il “fenomeno Roijakkers” è chiaro le referenze non erano certo di una educanda con lavagnetta in mano, anche perché altrimenti non avrebbe potuto addentrarsi nel ginepraio varesino post Vertemati. Servivano metodi forti e è stato scelto correttamente un uomo forte, serviva un cambio di mentalità e il metodo non poteva che essere “dittatoriale”. Perché? Semplice, perché Varese non aveva più margini “democratici” di risalita, non aveva elementi qualitativamente in grado di elevare da soli il livello della pallacanestro dei lombardi, insomma era in un vicolo senza uscita.
L’olandese ha rivoltato come un calzino la squadra, ha lanciato senza chiedere il permesso giovani imberbi come Librizzi e Virginio (quindi valore aggiunto per la società ndr.), ha creato un’identità pazzesca nell’arco di pochi giorni. Paradossalmente i risultati passano in secondo piano (seppure straordinari), quello che è rimarchevole è il lavoro fatto alla base per ristrutturare un gruppo. Il problema atavico della memoria corta, la società imputa a Roijakkers metodi “sopra le righe” verso giocatori che… sono stati esaltati dallo stesso allenatore. Giocatori che fanno parte di un gruppo che si è rinsaldato grazie all’olandese, e non nonostante l’olandese.
E poi, qualora anche i metodi fossero stati non confacenti con il codice deontologico societario, l’allenatore non è umano e quindi passibile a slanci di istintiva rabbia? Se tutti fossero la reincarnazione di Gandhi probabilmente non avremmo goduto di competenze come quelle di Bobby Knight, di Zelimir Obradovic o dello stesso Andrea Trinchieri, reo di aver cacciato dalla partita a malo modo un giovane cestista. Johan Roijakkers non aveva abbastanza crediti per essere perdonato?
Quella che è stata una scelta coraggiosa, unica nel suo genere della società varesina, è diventata la più inflazionata (e banale) mossa a rischio zero. Varese avrebbe esonerato il coach se fosse a 16 punti a pari con la Fortitudo Bologna? Probabilmente no. E dirò di più, l’atteggiamento di Reyes Trieste meritava un cazziatone sopra le righe.
Si chiude amaramente una delle più intriganti pagine cestistiche del nostro vecchio, conformista, impolverato movimento. Lo “sconosciuto dall’Olanda” che porta metodi, idee e comunicazioni innovativi viene cacciato, per buona pace dei bacchettoni di quarta serie. Lo “schiaffo” educativo dei nostri padri, oggi è denuncia sociale. Contemporaneità.
Raffaele Baldini